Sebastian Vettel: in Aston Martin per ritrovare se stesso

Sebastian Vettel: in Aston Martin per ritrovare se stesso

18 Gennaio 2021 0 Di

Poche sono le storie d’amore con un lieto fine. Rare quelle che al termine non sfociano in rancore. Uniche quelle in cui entrambi i membri ne escono senza un senso smarrimento. La storia tra la Ferrari e Vettel ne è l’esempio.

“29.11.2014. Il mio primo giorno in Ferrari”: con queste parole è iniziata una folle storia d’amore fra un tedesco (che di tedesco ha solo la nazionalità) e una scuderia italiana. Storia in cui il primo, con i suoi 4 mondiali sulle spalle, ha preso per mano una squadra che da troppo tempo non rendeva onore al nome che porta. Storia che avrebbe dovuto concludersi con i tifosi che, dopo un decennio di digiuno, avrebbero potuto tirare fuori dal cassetto la bandiera col cavallino rampante, dimostrando al mondo che la Ferrari c’è e c’è sempre stata. E tutto questo avrebbe dovuto realizzarsi grazie a quel Sebastian Vettel che fino agli anni prima si era fatto beffa di loro, impadronendosi di un titolo dopo l’altro. Titoli che non poteva godersi a pieno perché si sa, per far parte della storia di questo sport devi vincere quanti più campionati possibili, ma per entrare nel mito li devi vincere con la Ferrari.

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Ecco allora che Vettel, volendo seguire le impronte di chi nel mito è entrato fino a rappresentarlo, inizia questa avventura con un obiettivo ben preciso: essere campione del mondo per la Ferrari. Avventura iniziata con l’immagine di Schumacher impressa nella mente, come se la vittoria di un titolo con l’auto rossa lo avrebbe reso all’altezza di una nazionalità che fin dagli esordi ha pesato. Un peso dovuti a inutili paragoni, ma che gli ha fatto scordare che quella con la Ferrari, più che un’avventura, è quasi sempre una sfida: o ne esci vincitore o vinto. Vettel, nella sua mente, voleva solo far parte del cuore dei tifosi e della Ferrari e, l’unico modo per riuscirci, è o vincere a Monza o vincere un campionato, ma Seb non era tipo certo di accontentarsi di una vittoria.

Più gli anni passavano e più questo sogno diventava opaco, fino a quando il desiderio di ogni tifoso di alzarsi in piedi sul divano per festeggiare la Ferrai di nuovo campione e di nuovo con un tedesco, in un caldo pomeriggio di quarantena a Maggio, si è tramutato in una chiamata di addio a Seb e a quel sogno di gloria che avevano insieme. Questa storia d’amore, seppur finita, ha dovuto continuare per ben altri sette mesi, fino a quando le note di Adriano Celentano hanno messo un punto definitivo al rancore, ormai fin troppo evidente per tenerlo nascosto. Una fine che ha lasciato indubbiamente un vuoto interiore da entrambe le parti che, però, se la Ferrari sembra aver apparentemente colmato con l’arrivo di Sainz, Vettel deve ancora riempire. E lo deve fare al più presto. L’unico modo che ha il tedesco per iniziare la sua nuova avventura in Aston Martin all’altezza del Vettel presente nei nostri ricordi, è sconfiggere il suo più grande nemico: sé stesso. Quel se stesso che da Hockeinheim 2018 non perde occasione per far emergere la vulnerabilità del suo animo, tirando fuori sempre nuovi scheletri dall’armadio.

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“Qui, a casa loro”: parole che non hanno bisogno né di una collocazione né di troppe spiegazioni, ma che hanno segnato l’ultima tappa in cui tutti i ferraristi hanno pensato di poter assaporare il gusto, oramai dimenticato, di un mondiale. Parole seguite poi da un lento e graduale smarrimento del tedesco che, da quel muro preso nel weekend in Germania, sembra non essere più riuscito a scrollarsi di dosso dei fantasmi che l’hanno continuato a perseguitare fino al termine di questa stagione.

Se nel 2018 Spa, come un lampo in cielo aperto, era riuscita momentaneamente a fermare la pioggia di critiche riversata costantemente su Vettel, il resto della stagione ha portato a dubitare ogni tifoso su chi fosse veramente il pilota della Ferrari. Insomma, Seb era quell’avversario sempre temuto e poche volte battuto dei primi anni del decennio, quello che, con la sua fame di vittoria, è riuscito a colmare i grandi problemi Ferrari, riportandola a vincere dopo 676 giorni o quello a cui le opinioni del mondo esterno, sempre più rimbombanti, lo sconfiggevano, prima che in gara, nella sua mente? Vettel è tutti e tre. È tutti e tre nel momento in cui la comparsa di un monegasco, apparentemente non temibile, che è arrivato prendendosi tutte le prime pagine e i cuori dei tifosi, lo ha fatto sentire un estraneo nel mondo Ferrari. È tutti e tre nel momento in cui il suo DNA di vincente ricompare, dopo più di un anno di digiuno, a Singapore, dimostrando a tutti che “bollito” mai lo è stato e mai lo sarà. È tutti e tre nel momento in cui in Turchia fa tornare il rosso sul podio, prendendosi una rivincita personale verso un mondo esterno che sembrava non dargli pace. È tutti e tre nonostante, da più di un anno, il Vettel col dito puntato al cielo per festeggiare una vittoria, sembra solo un lontano ricordo.

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Nuovo team, nuova rinascita: questo deve essere il presupposto per il nuovo cammino di Seb, che deve capire quale delle tre sfaccettature vuole far emergere,  per incoronare come prima vittoria quella contro il suo passato. Perché, per quanto talvolta da esso si possa imparare, il passato rimarrà sempre tale, ed è bene lasciare lì certi fantasmi che sembrano non volerci mollare.