Cosa sarebbe successo se Max Biaggi, nel 1998, non fosse stato squalificato ingiustamente a Barcellona?

Cosa sarebbe successo se Max Biaggi, nel 1998, non fosse stato squalificato ingiustamente a Barcellona?

9 Febbraio 2021 2 Di

È possibile che in molti non conoscano questo episodio, ma è determinante, non solo per il risultato della stagione sopra menzionata, ma anche per tutta la carriera del pilota romano, Max Biaggi.

Il corsaro viene da quattro titoli consecutivi in 250cc, record assoluto, tre con Aprilia e uno con Honda. Tra il 1994 e il 1997, o ti chiami Max Biaggi, o puoi stare tranquillo che ti dovrai accontentare della piazza d’onore. Dopo un battibecco con la casa italiana, che lo lascia a piedi a fine 1996, convinta che avrebbe vinto con chiunque, Max torna in Honda, moto già avuto da Biaggi, nel 1993. Purtroppo, quella stagione fu avara di risultati, anche a causa della scarsa competitività delle gomme Michelin, a confronto delle Dunlop.

Così, il giapponese Tetsuya Harada soffia il posto a Max nel team ufficiale in Aprilia, mentre Max deve ripiegare da Erv Kanemoto, nel team Honda Marlboro, salvandosi da un clamoroso anno sabbatico. Non ci metterà molto a zittire i suoi ex-datori di lavoro: nonostante una prima parte di campionato non eccellente, Max rimonta come un forsennato nelle ultime gare, potendosi accontentare di un secondo posto a Phillip Island, per laurearsi, nuovamente, Campione del Mondo. Nulla da fare per il compagno Ralf Waldmann, già rivale la stagione precedente, che dovrà accontentarsi di un’altra seconda piazza.

Così, Biaggi fa il naturale salto di categoria: stessa moto, stesso team, cilindrata doppia. La classe regina, la classe 500cc, amata e temuta da molti. Al primo Gran Premio stagionale, a Suzuka, Max inscena una delle più grandi imprese della storia di questo sport: all’esordio assoluto in 500, tetracampione del mondo in carica in 250, domina tutto e tutti, portandosi a casa la vittoria in modo ineccepibile e, per nulla, scontato.

Da outsider, Max si candida alla vittoria del titolo mondiale, contro un mostro sacro come Michael Doohan, vincitore di quattro titoli consecutivi come lui.

Così, si arriva alla tanto attesa gara di Barcellona: Doohan è irriconoscibile, non riesce a tenere minimamente il passo di Biaggi e di Alexandre Barros, autentici mattatori di quella domenica. Accade, però, il fattaccio: viene esposto il regime di bandiere gialle. Tuttavia, la segnalazione è pessima, tanto che né Biaggi, tanto meno Barros, riescono a notare il pericolo. Così, si superano un paio di volte, ignari di tutto. Puntuale come una sentenza, arriva il ride through per entrambi: se il brasiliano lo effettua, Max, preso dall’ira per una penalità assolutamente ridicola e ingiusta, non rientra, venendo poi squalificato.

Facciamo un piccolo passo indietro: la segnalazione delle bandiere gialle è efficace, Max e Alex rimangono nelle loro posizioni. Risultato? L’italiano vince, con Barros secondo. Alla fine della stagione, Biaggi riuscirà nell’impresa: vittoria del titolo, contro ogni pronostico, contro ogni logica, contro la Leggenda di Mick Doohan.

A questo punto, Honda non può fare altro che affiancare al fenomeno australiano il neo-campione del mondo, nel team ufficiale Repsol. Quando, però, Doohan chiuderà la carriera col terribile infortunio di Jerez, Honda sarà costretta a richiamare Alex Crivillé, decisamente contrariato per un appiedamento del tutto inaspettato e frettoloso.

Max, senza rivali, vince in scioltezza quella stagione, portando a sei il suo numero di titoli, peraltro, consecutivi. Siamo di fronte a uno dei più grandi campioni di questo sport, e la Storia è lungi dal termine.

Valentino Rossi, dominatore della classe duemmezzo, è pronto al grande salto: Biaggi, però, pone il veto al rivale, impedendo a Honda di ingaggiarlo. Così, Valentino sarà costretto a ripiegare in Yamaha, mezzo, decisamente, poco performante.

Nel 2000, però, con grande sorpresa di tutti, il dominio di Biaggi si interrompe: Kenny Roberts Junior, in sella alla sua Suzuki, è magico, mentre Max deve fare i conti con tanti, troppi problemi di affidabilità sulla sua Honda.

L’anno successivo, però, non ci sarà storia: il romano torna a dominare, battendo Rossi in un appassionante duello, durato fino a Phillip Island. Così si chiude l’era della 500cc: Biaggi è tricampione del mondo e, con sette titoli, è uno dei più vincenti di sempre. Al contrario, Rossi è stato costretto a correre per la Yamaha, ottenendo, fino ad ora, un deludente ottavo posto nel 2000 e la piazza d’onore nella stagione successiva.

Nel 2002, la musica cambia: addio 500cc, benvenuta 990cc. Honda decide di fare le cose in grande: oltre a sviluppare la RC211V, fantastica cinque cilindri, ingaggia proprio il pesarese, con Max, stavolta, favorevole. Non vede l’ora di misurarsi nello stesso team di Valentino. Nulla da fare per Tohru Ukawa, costretto a ripiegare in altri lidi.

La stagione è trionfale: nove volte con Biaggi e sei con Rossi, il team Repsol cannibalizza tutto e tutti. L’unica gioia esterna, anche se solo di team, arriverà con Capirossi, trionfatore a Motegi con la Honda del team Pons. Sedici gare, sedici trionfi tricolori: autentico dominio del Bel Paese. Biaggi vince ancora: ottavo titolo e un posto sempre più saldo nella Leggenda.

Per il 2003, Honda affida le moto ufficiali anche al team di Fausto Gresini, che, nella stagione precedente, aveva schierato il promettentissimo giapponese Daijiro Kato. Il compagno è Sete Gibernau, onestissimo pilota spagnolo che attende solo il momento giusto per farsi valere.

La musica cambia: il team Repsol fatica, con Rossi che conquista tre zeri nelle prime quattro gare. Biaggi non fa tanto meglio, con una sola vittoria e un podio. Il cannibale è proprio il giapponese, che vince tre gare, tra cui quella d’apertura di Suzuka, e si candida come favorito.

Repsol, però, non ci sta: boicotta il team di Gresini, rifilando loro materiale scadente. Daijiro, così, terminerà solo due delle successive sei gare, per altro lontano dal podio. Stanco di essere battuto, Rossi vince tutti e sei i Gran Premi e straccia il contratto che lo lega alla Honda ufficiale: lo aspetta, stavolta, la Suzuki.

Così, arriva il primo titolo per il 24enne di Tavullia: Biaggi, nonostante il supporto incondizionato del team, si rompe una gamba ad Assen ed è costretto a chiudere anzitempo la stagione. Kato è secondo, nonostante il pessimo comportamento tenuto da Repsol. A chiudere il podio mondiale, Capirossi sulla neonata Ducati Desmosedici. Gibernau, complice un compagno fortissimo e una moto poco competitiva, almeno nella seconda parte di stagione, è addirittura quinto, dietro a uno straordinario Marco Melandri su Yamaha.

Per il 2004, Repsol ingaggia Kato, considerato pronto per vestire i colori ufficiali. Yamaha agguanta Norifumi Abe e lo affianca a Melandri, mentre Gresini contatta Manuel Poggiali, talentuosissimo bicampione del mondo nelle classi minori.

Grazie alla grande disponibilità di test, la casa di Hamamatsu migliora sensibilmente, vincendo subito con Rossi a Welkom. Sotto il diluvio di Jerez, però, è Gibernau a fare la voce grossa. Biaggi è secondo, Kato terzo, mentre Rossi e Poggiali chiudono anzitempo la gara per un contatto tra di loro. Melandri si ritira per un problema al cambio.

Il 2004 rimarrà la stagione più avvincente di sempre: Biaggi torna a vincere e chiude la carriera, con nove titoli mondiali. Kato è, nuovamente, secondo, mentre Rossi è terzo. Gibernau continua a fare fatica, mentre Melandri è tradito dai continui problemi della sua moto. Alla fine, sarà quarto, davanti allo spagnolo. In conclusione, la stagione di Poggiali è abbastanza difficile: nessuna vittoria, ma una crescita continua, che lo porta a conquistare il podio in tutte le ultime tre gare stagionali.

Chissà, forse la fantasia è davvero troppa. O forse no. Sta di fatto che, se quella maledetta gara di Barcellona fosse andata per il verso giusto, ora Max Biaggi avrebbe i titoli, ed il riconoscimento, che si merita appieno. Forse non avrebbe vinto nove titoli, forse sì, ma avrebbe lasciato un segno ancor più importante nel Motomondiale. Certo, probabilmente non avrebbe vinto i due titoli in Superbike. Ma questa, signori, questa è un’altra storia.

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