Cagiva nel Mondiale 500: la storia di tanta passione finita sul più bello
13 Febbraio 2021L’avventura della Cagiva in 500 è la storia di tanta passione e coraggio, nata in una piccola officina e giunta sino ai big del Motociclismo.
La storia dell’ italianissima Cagiva nel Mondiale 500 inizia nel lontano 1980. Una storia fatta di pura passione, sudore e sacrifici iniziata nel 1950 dall’intuito di Giovanni Castiglioni (da cui deriva il nome CAstiglioni GIovanni VArese). Agli albori degli anni 80, una folle idea iniziò a vagheggiare nella mente dei meccanici Cagiva, un sogno che, da lì in avanti, avrebbe giustificato le interminabili ore passate in officina: quello di portare la Rossa di Varese al tavolo dei grandi, in 500. La sfida era piuttosto ardua, figlia comunque di tempi in cui tanta, tanta passione era sufficiente per sognare di sfidare gli irraggiungibili colossi giapponesi con una moto costruita in una piccola officina.
La grande avventura prende avvio il 24 agosto 1980 in Germania, con Virginio Ferrari. Tuttavia la partenza non è delle più incoraggianti: la Cagiva 1C2, un progetto ibrido con il motore di una Yamaha TZ 500, nelle mani dell’italiano non riesce a concludere neanche il primo giro. La storia si ripete nel 1981, anno in cui la Cagiva non riesce ad allontanarsi dalle retrovie. Ma la tenacia è tanta, così per l’anno successivo Cagiva sforna la 3C2, moto con soluzioni tecniche simili alle invidiate giapponesi. E la prima piccola soddisfazione arriva ad Hockenheim, dove conquistano con Jon Ekerold il primissimo punto iridato.

La voglia di scalare l’immensa montagna davanti a loro è dirompente, così per la stagione 1983 Cagiva presenta un progetto con soluzioni tecniche uniche, tra cui il motore con funzione auto-portante. Il risultato? Disastroso. La moto è un vero toro scatenato che mette in seria difficoltà i due portacolori Jon Ekerold e Virginio Ferrari. Per l’anno successivo la Casa di Varese decide così di pescare tra i top-rider del momento, e sceglie il campione del mondo 1981 Marco Lucchinelli. Ma purtroppo la realtà non rispecchia le aspettative. L’italiano né nel 1984 né nell’anno successivo riesce a trovare il feeling con la Cagiva, e le due annate si concludono con pochissime briciole di soddisfazioni. La casa Varesina, nonostante i mille sforzi, non riesce a concretizzare il lavoro svolto, ed il morale non può che essere sotto ai tacchi.
Nonostante tutto, nel 1986 la Cagiva decide di proporre un test di prova del suo mezzo a Kenny Roberts sul circuito di Misano. Il giudizio più che positivo del “Marziano”, soprattutto sulla potenza del motore, dà una rinnovata fiducia alla squadra, che nel 1987 propose la C587. In segno di nuova rivoluzione in casa Cagiva, la livrea rossa e argento viene sostituita con una totalmente rossa, poi diventata tratto indistinguibile della moto. Anche le novità tecniche sembrano funzionare, tanto che i nuovi piloti, De Radigues e Raymond Roche, concludono le ultime tappe di stagione con un ottimo quinto e quarto posto. Finalmente la Cagiva può fare capolino tra i veri big del motociclismo!
Per l’anno successivo, la squadra sceglie un altro cavallo di razza da far salire in sella, Randy Mamola. Grazie all’americano, la Cagiva riesce nel GP del Belgio anche a mettere per la prima volta nella sua storia i piedi sul podio! Grazie agli ottimi risultati le aspettative per il 1989 crescono così sempre di più. Ma ancora una volta le speranze si infrangono sul più bello.

La sbagliata distribuzione dei pesi che rendeva la moto ingestibile, sommata a diversi errori di Mamola, rendono la stagione l’ennesimo flop. L’americano si rende addirittura protagonista di un’impennata finita male poco prima di schierarsi per la partenza, nel giro di allineamento del Gran Premio di Assen. L’episodio non passò inosservato in casa Cagiva, tantomeno in Carlo Pernat, allora team manager della squadra, che commentò a caldo: “Bisognerebbe strozzarlo!”
Ogni volta che i meccanici vedono il sogno di una vita avvicinarsi, tempestivamente quel sogno si allontana, facendo tornare tutti con i piedi per terra. Ma quando la benzina che spinge tutto avanti è la passione, le difficoltà si riducono ad incitamenti per non mollare ed insistere.
Dopo un 1990 di passaggio, la Cagiva vede davanti a sé un’ottima occasione che non poteva farsi sfuggire dalle mani: il 4 volte campione del Mondo Eddie Lawson, in seguito ad una stagione tormentata con Yamaha nel 1990, era in cerca di una sella con cui poter concludere dignitosamente la sua carriera. La casa di Varese coglie la palla al balzo e firmò un biennale con l’Americano. E finalmente i risultati iniziano ad arrivare: il 1991 si conclude al sesto posto, con due medaglie di bronzo a Misano e in Francia. La stagione successiva inizia quindi sotto i migliori auspici. Anche il nuovo ds della Cagiva, Giacomo Agostini, si definisce più che ottimista alla vigilia del campionato.
Eddie Lawson è per tutta la stagione attaccato ai primi piloti, ed aspetta con ansia l’occasione giusta per ripagare i sacrifici della squadra. Finalmente il giorno attesissimo arriva il 12 luglio 1992, sotto la pioggia battente del Hungaroring. Eddie Lawson, affidandosi alla sua esperienza, non si lascia intimorire dalla pioggia e taglia per la prima volta nella storia di Cagiva il traguardo davanti a tutti. I tecnici varesini possono finalmente godersi il sogno di tutta una vita, l’unico obiettivo inseguito da anni e alimentato dall’immensa passione per le corse.

Il 1993 con Mladin e Chandler è avaro di soddisfazioni, ma altre gioie arrivano con John Kocinski: Agostini approfitta della difficile situazione tra il pilota e la Suzuki e per ingaggiarlo nelle ultime quattro gare di stagione. L’americano lascia tutti a bocca aperta a Laguna Seca, tracciato di casa, dove regala alla Cagiva la seconda vittoria della sua storia. Il 1994 non può che non aprirsi con altissime aspettative per l’accoppiata americana-italiana. La prima tappa si apre subito con il botto, grazie alla terza vittoria della casa Varesina.
Purtroppo, quella fu non solo l’ultima vittoria di stagione, ma anche l’ultima della storia della Cagiva in 500. La mancanza di fondi non lasciò scampo alla casa italiana. L’avventura finisce proprio quando tutti i pianeti sembravano essersi allineati per il verso giusto, come un sogno interrotto sul più bello. La storia ha comunque lasciato molto al mondo del motociclismo, una storia fatta di sacrifici, coraggio, una pura dimostrazione di come anche i sogni più ambiziosi, se alimentati dalla passione, possono nascere dentro una piccola officina.