GP di Svezia 1978: l’unica gara della Brabham BT46B, l’auto con la ventola

GP di Svezia 1978: l’unica gara della Brabham BT46B, l’auto con la ventola

31 Dicembre 2021 0 Di Ivan Mancini

Ripercorriamo la storia ed il funzionamento della Brabham BT46B “fan car”, la prima auto di F1 dotata di un’insolita ventola posteriore.
 

I tardi anni ’70 sono stati, probabilmente, i più affascinanti per il mondo della Formula 1. Dopo l’introduzione degli alettoni, significativo punto di svolta per l’addio alle monoposto “a sigaretta”, le scuderie cominciarono ad investire sempre più energie (e fondi) sull’aerodinamica, consapevoli delle potenzialità di questo settore poco esplorato.

La Lotus, storica scuderia inglese, fu una delle prime ad investire sull’aerodinamica. La acerba Lotus 78, la performante Lotus 79 e l’estrema Lotus 80 sono i frutti più maturi di questo percorso evolutivo intrapreso dalla scuderia britannica, sublimato con le vittorie nel biennio 1977-1978. Dal canto suo anche la Ferrari aveva tutte le carte in regola per dire la propria e ripetere i precedenti successi, mentre la Brabham, fresca dell’ingaggio di Niki Lauda nel 1978, era decisa a sviluppare un’auto competitiva, proseguendo il progetto con l’Alfa Romeo iniziato due anni prima.

Ci sono tutti gli ingredienti per una sfida ad alto livello, in cui le pressioni per la lotta al primo posto porteranno la Brabham a partorire un’idea innovativa ed insolita. È il 1978 e questa è la storia della Brabham Alfa Romeo BT46, madre della “vettura con la ventola”.

 

Una piccola digressione

Nel 1976, dopo una parentesi infelice con l’aspirato Ford Cosworth DFV, la scuderia di Jack Brabham decise di rivolgersi al Biscione per una fornitura pluriennale di propulsori. Nello stesso anno, dal sodalizio con i motoristi italiani, nacque la BT45, la prima Brabham equipaggiata con motore Alfa Romeo Tipo 115-12; tale motore venne utilizzato per quattro stagioni fino al 1979, quando si decise di passare ad un più convenzionale V12 sempre di manifattura lombarda.

Alfa Romeo 115-12
L’ingombrante 115-12 Alfa Romeo

Si trattava di un motore 3.0L a 12 cilindri piatti (inclinati a 180°) capace di erogare 540 CV ad un regime di rotazione pari a 12000 giri/minuto. Il 115-12 era anche conosciuto come “The Terrific”, soprannome attribuitogli dai meccanici inglesi per la sua potenza e per il suo elevato consumo di carburante. Quella della potenza, tuttavia, si rivelò una vera arma a doppio taglio, in quanto il propulsore montato dalle Brabham era oltremodo ingombrante e necessitava di ampie superfici radiali per poter essere raffreddato. Per risolvere questo gravoso problema, gli ingegneri adottarono diverse soluzioni, alcune delle quali fortemente limitanti dal punto di vista aerodinamico.

  • Brabham BT45
  • Brabham BT45C

La BT45 deluse ampiamente le aspettative, segnando negativamente la stagione 1976. La vettura peccava di affidabilità e quando era in grado di transitare sotto la bandiera a scacchi spesso finiva fuori dai punti, a causa del grande carico di benzina necessario per ultimare la gara. Soltanto un notevole sforzo da parte dei meccanici e dei motoristi consentì la difficile evoluzione tecnica della BT45, che la stagione successiva dimostrò una ritrovata competitività.

Brabham BT45
Brabham BT45

Nel 1977, infatti, i risultati migliorarono notevolmente: le due Brabham tornarono nuovamente sul podio e furono in grado di raggiungere quasi sempre la zona punti. Il progetto sembrava essere buono, se opportunamente sviluppato, e dunque si decise di proseguire il matrimonio con i motoristi lombardi. Ed è proprio in questo contesto che va collocata la Brabham Alfa Romeo BT46.

 

Brabham BT46: il prototipo mai sceso in pista

In occasione del 1978, la scuderia inglese concepì una nuova vettura (la Brabham Alfa Romeo BT46), destinata a soppiantare la precedente e le sue relative evoluzioni. Sviluppata sotto la guida di Gordon Murray, la monoposto presentava numerosi aspetti innovativi, come gli scambiatori di calore “a sfioramento” posizionati sulle fiancate. Di ispirazione aeronautica, gli scambiatori consentivano di alleggerire il peso e di ridurre la resistenza all’avanzamento della vettura, limitando anche il consumo di carburante. Gli ingombranti radiatori montati nell’ala anteriore vennero quindi rimossi, sviluppando un profilo alare più aerodinamico rispetto la BT45.

Brabham BT46 con scambiatori di calore
Brabham Alfa Romeo BT46 con scambiatori di calore a sfioramento. Da notare l’ala anteriore, più sottile in quanto priva di radiatori.

Tale soluzione mostrò subito i suoi limiti e fu ben presto scartata prima ancora che la monoposto venisse iscritta al campionato. La BT46, infatti, possedeva soltanto il 30% della superfice di raffreddamento richiesta, con conseguenti problemi di surriscaldamento. Gli scambiatori di calore furono rimossi dalle fiancate della vettura e al loro posto vennero reintegrati i radiatori montati tra i flap dell’ala anteriore; una soluzione, questa, già ampiamente sperimentata con la BT45 e che aumentava notevolmente il coefficiente di resistenza aerodinamica della monoposto. Non di certo una trovata felice, ma in questo caso necessaria.

A peggiorare la situazione l’incredibile competitività delle Lotus “wing car”, che facevano proprio dell’aerodinamica il loro punto di forza. La Lotus 78 prima e la Lotus 79 dopo, figlie degli avanzati studi sull’effetto suolo, erano semplicemente imprendibili, grazie a trovate innovative come i tubi Venturi, le minigonne e i cassoni laterali a forma di profilo alare; soluzioni che le due Brabham erano impossibilitate ad adottare. Gli ingombri laterali causati dal motore, infatti, limitavano fortemente la capacità evolutiva della monoposto, impedendo agli ingegneri inglesi di adottare soluzioni più simili alla concorrenza.

Lotus 79, l'evoluzione della "wing car"
Lotus 78, la “wing car” per eccellenza

 

Brabham Alfa Romeo BT46B: la “fan car”

La svolta decisiva avvenne all’alba del GP di Svezia, ottava gara del campionato e, quindi, vero e proprio giro di boa della stagione. In seguito alle continue pressioni di Bernie Ecclestone, Murray convocò i suoi assistenti David Cox e Gary Anderson per sviluppare una soluzione tecnica all’altezza degli avversari. Dal momento che le precedenti strade non erano percorribili a causa della conformazione della vettura, il trio di progettisti escogitò una soluzione alternativa per “aspirare” l’aria dal fondo e, quindi, per creare artificialmente depressione nel sottovettura, simulando l’effetto suolo delle Lotus.

Ventola Brabham BT46B
Brabham BT46B, dettaglio: coppia di ventole

La soluzione consisteva in una coppia di ventole (dal diametro di 40 cm) collegate all’albero primario del cambio attraverso un riduttore con rapporto 1:4. Ogni quattro giri dell’albero del cambio, la coppia di ventole effettuava una rotazione completa; pertanto, maggiore era il regime di rotazione del motore, maggiore era la quantità d’aria aspirata dalle ventole.

Cambio e ventole della Brabham BT46B
Brabham Alfa Romeo BT46B, dettaglio: ventole collegate al cambio

Affinché la coppia di ventole potesse creare depressione, il sistema era carenato dalla carrozzeria e i fianchi della vettura presentavano una serie di minigonne. Così facendo, giocando con gli assetti, gli ingegneri trovarono il modo di sigillare il fondo, in maniera tale che le ventole potessero aspirare tutta l’aria presente nel sottoscocca.

Brabgham BT46 minigonne
Le minigonne della Brabham Alfa Romeo BT46, presenti anche sulle sue evoluzioni B e C

Una trovata innovativa, quella delle ventole, ma non è tutta farina del sacco di Murray. L’idea di utilizzare delle ventole per creare depressione è attribuibile alla Chaparral, scuderia statunitense attiva tra gli anni ’60 e ’80 in diversi campionati minori.

Nel 1970 la Chaparral diede vita alla 2J, equipaggiata con un V8 Chevrolet che in modalità qualifica sfiorava la soglia dei 1300 CV. L’aspetto più interessante della vettura, tuttavia, non era l’incredibile potenza sviluppata, bensì le due ventole posizionate sul posteriore. Tali ventole, azionate da un motore 2 tempi da 45 CV (per non gravare sul motore principale), erano in grado di creare deportanza sul posteriore semplicemente aspirando tutta l’aria presente nel sottoscocca.

Chaparral 2J ventole posteriori
Chaparral 2J. Le due ventole sul posteriore erano azionate da un motore a 2 tempi di cilindrata ridotta, la cui marmitta è visibile in alto. A destra, invece, l’impianto di aspirazione del medesimo motore a due tempi.

Per potenziare gli effetti, anche in questo caso si rese necessario l’utilizzo delle minigonne, oltre che di una vistosa carenatura sul posteriore, con lo scopo di sigillare il fondo.

Chaparral 2J carenatura posteriore
Chaparral 2J e carenatura posteriore

La soluzione adottata dalla Chaparral 2J ebbe vita breve. La SCCA, organo di controllo del campionato CanAm (al pari della FIA in F1) vietò le ventole posteriori dopo appena un’anno di attività, in quanto il sistema sollevava detriti pericolosi per le auto in scia. L’idea cadde inizialmente nel dimenticatoio, ma venne ripescata nello stesso 1978 dalla Tyrrell, una vera e propria pioniera delle innovazioni.

Anche presso la scuderia inglese, tuttavia, il progetto non ebbe molto successo e rimase poco più di un prototipo. La Tyrrell 008, erede della celebre P34, avrebbe dovuto montare una ventola posteriore con lo scopo di raffreddare i radiatori e di estrarre aria dal fondo. La scuderia inglese fece addirittura un test sul circuito del Paul Richard, senza ottenere grossi successi – presumibilmente a causa delle basse temperature. Per tale motivazione l’idea fu nuovamente cestinata e la Tyrrell 008 “fan car” non vide mai la luce.

Tyrrell P36
La Tyrrell fu una vera e propria pioniera delle inovazioni. Celeberrima è la P34, l’auto a sei ruote

Ma come si ricollega la storia della Tyrrell con il nostro filone principale, la Brabham Alfa Romeo BT46B? L’anello di collegamento è David Cox, aiutante di Gordon Murray ai tempi della Brabham. Fu proprio Cox a suggerire a Murray l’idea delle ventole posteriori, dopo aver spiato la misteriosa Tyrrell 008 ai box del Paul Richard; dal suo canto, il sudafricano migliorò il progetto decidendo di collegare le ventole all’albero del cambio. Una mossa geniale, quella di Murray, perché sfruttando il movimento dell’albero del cambio riuscì ad eliminare il motore secondario a 2 tempi – motore che, di fatto, aumentava la cilindrata della vettura, cosa vietata da regolamento.

 

Le due ventole erano legali?

Sì, perché il sistema sfruttava un’area grigia della normativa tecnica. Il regolamento dell’epoca omologava ogni dispositivo mobile che creasse un vantaggio aerodinamico a patto che la sua funzione primaria fosse diversa. La vettura fu quindi equipaggiata di un radiatore supplementare, collocato in corrispondenza del motore, in maniera tale che la ventola avesse un ruolo primario nell’impianto di raffreddamento. Per la Brabham fu come prendere due piccioni con una fava. Con un solo dispositivo, gli ingegneri risolsero i problemi di aerodinamica e di surriscaldamento del motore.

Brabham BT46B radiatori
Radiatori della Brabham Alfa Romeo BT46B con ventole carenate
Animazione flussi Brabham BT46B
Funzionamento delle ventole posteriori della Brabham BT46B

 

GP di Svezia 1978

La validità del sistema fu subito evidente. Durante la prima accensione ai box, la depressione generata dalle ventole era tale che la vettura si abbassò repentinamente, rischiando di rompere il fondo prima ancora di scendere in pista; per scongiurare ulteriori rischi, i meccanici dovettero cambiare le sospensioni con un modello più rigido.

In qualifica, poi, la vettura scese in pista montando “gomme di legno” (le mescole più dure esistenti) e con il pieno di benzina (210 litri), nel tentativo di mascherare il vantaggio tecnico. Ai piloti fu addirittura richiesto di non esagerare con il gas, in quanto Murray temeva una squalifica per manifesta superiorità; ciononostante, Niki Lauda e John Watson fecero segnare il secondo e il terzo crono. Tra lo stupore di tutti, meccanici compresi.

E la domenica non ci fu storia: Niki Lauda conquistò agilmente quella che, anni dopo, definì “la vittoria più facile” della sua carriera. Subito dopo Riccardo Patrese con la Arrows (primo podio per entrambi) e Ronnie Peterson con la Lotus 79.

Svezia '78, Andretti e Lauda
GP Svezia 1978: Andretti brucia Lauda in partenza, ma alla lunga l’ex Ferrari ha la meglio. Per sua stessa ammissione, si tratta della vittoria più facile che l’austriaco abbia mai ottenuto in carriera

Le proteste degli avversari, ovviamente, non si fecero attendere. L’accusa mossa alle due Brabham era quella di lanciare, attraverso la ventola, detriti, ghiaia e sabbia pericolosi per gli avversari in scia. In un primo momento la FISA, madre dell’attuale FIA come la conosciamo oggi, concesse alla BT46B un massimo di altre tre gare; successivamente, l’accordo fu ritirato e la Brabham Alfa Romeo BT46B venne ufficialmente bandita dal mondiale.

Al giorno d’oggi la BT46B è una delle poche auto ad aver vinto tutte le gare cui ha partecipato – una, in questo caso. Una, ma sufficiente per dimostrare la propria forza. Pochi ma buoni.

Visione fortemente consigliata ai nostalgici
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