Transizioni rosse: consigli ai tifosi ferraristi
27 Agosto 2022Consigli di tifo per una tifoseria forse stanca ma unica
Il web è spietato. E con i tifosi lo è ancora di più. Invidia forse? In qualunque caso, le foto del muretto in rosso pieno di clown pullulano tra Reddit, Instagram e TikTok. Gli inglesi si chiedono cosa succederebbe se Charles abbandonasse la Ferrari, gli olandesi mettono SuperMax! anche come suono di attesa dei call center.
Rimpianti e suggerimenti
Fatto incredibile a dirsi, le strategie del muretto Ferrari hanno riempito il web di ingegneri. Tra motoristi e strateghi si sono viste più teste laureate di quelli che lavorano a Maranello. Apparentemente, i fatturati dei vali politecnici avrebbero dovuto alzarsi, ma sorprendentemente sono rimasti invariati. Per chi nutre un amore viscerale per la Ferrari è un qualcosa di profondamente umiliante. E se ci fossero due giorni in più all’anno, probabilmente ogni ferrarista incallito li intitolerebbe a San Jean (Todt) e a San Michael (Schumacher). Su quest’onda, allora, di nostalgia e bile acida, pare legittimo invitare, dantescamente, il popolo virtuale ad un depurante bagno nel Fiume dell’Umiltà. E con ciò, anche suggerire qualche strategia. Strategie però di tifo, non di gara, con la pretesa di essere abbastanza ignoranti in materia per non sindacare la mescola da montare alle macchine.
Prima strategia: rispetto
La prima: avere rispetto per gli uomini in rosso. Verso Binotto su tutti. Mattia è entrato in Ferrari nel 1995, probabilmente prima che nascessero almeno parte dei lettori. Ha attraversato la gloria dei triumvirato Todt-Schumacher-Brawn e la miseria di annate come la 2009, la 2014 e la 2020, quest’ultima con un’umiltà da manuale. Ha collaborato alla costruzione dello 056, l’ultimo motore Ferrari campione del mondo, e forse il migliore dell’era V8. Ha costruito, nel 2019, una PU che teneva testa alle altre vetture col DRS aperto, e che forse solo una certa debolezza politica di Ferrari ha imposto di bandire (sarebbe terribilmente curioso sapere cosa sarebbe successo se il motorone l’avessero avuto quelli in grigio). Mattia sopra ogni altro è un uomo Ferrari fatto e finito, e lui più di tutti può portare sul petto lo slogan #essereFerrrari. Se si ha un minimo di riconoscenza, gli si può chiedere forse di fare un passo indietro, ma non di estrometterlo da quella che è casa sua.
Seconda strategia: accettare la transizione

La seconda: accettare che questo 2022 sia un anno di passaggio. Certo, lo fu anche l’anno scorso, ma quest’anno con i cambiamenti tecnici lo è ancora di più. Lo sviluppo delle prestazioni del propulsori è consentito fino a settembre di quest’anno, e da lì in avanti saranno possibili sono interventi per migliorarne l’affidabilità. Ora, che il motore della F1-75 sarebbe stato estremo era ampiamente prevedibile (e non era forse quello che tutti volevano, dopo le sverniciate del 2020?), e a tutti gli effetti è probabilmente il più potente della griglia. Ma la potenza si paga, non è un mistero. Si converrà quindi che è utile lavorare sulla potenza fino a Settembre, pur a costo di penalità e arretramenti (freschissimo quello di Charles a Spa). Guardando a come è risorta la Haas a Spielberg con il nuovo ibrido (montato sulla vettura di KMag), si comprende perché è la scelta giusta. Anche perché è indubbio che è cosa più complessa spremere fuori tutti i cavalli che farli correre per più tempo.
Terza strategia: attesa
La terza: avere speranza. Come i migliori tiratori al piattello, se sbaglia il primo colpo, difficilmente Ferrari sbaglia il secondo. Un piccolo recap in chiave ferrarista delle stagioni di transizione tecnica ci fa capire che a Maranello serve sempre un anno di ambientamento. Nel 1996 arrivarono i V10, e in rosso arrivò Schumi. La stagione non fu esaltante, ma nel ’97 l’anno fu lodevole, rovinato solo dalle scazzottate finali a Jerez che consegnarono il titolo a Jacques Villenueve. Dopo il purgatorio monogomma del 2005, la Ferrari riuscì addirittura a azzeccare il primo anno dei nuovi motori V8: lo 056 (griffato Binotto) era ottimo, veloce fin da subito, ma tra le furbate di Monaco e la rottura di Suzuka il titolo finì in casa Renault. E le due stagioni successive furono ancora vincenti: due costruttori e un campionato piloti e tre quarti («Is that Glock?»). Stesso copione di purgatorio e rinascita anche per le accoppiate 2009-2010 (rivoluzione telaistica), 2014-2015 (introduzione delle PU ibride) e ancora meglio fu l’accoppiata 2017-2018 (nuova rivoluzione telaistica), andate però in malora a causa di due garacce da non rivedere (Singapore e Hockenheim).
Golden rule: speranza
Ora, se si dovesse scegliere un copione migliore, sarebbe forse quello del trittico 06/07/08, ma sarà la storia sola a consegnarcelo. In qualunque caso, l’unica terapia per il bruciore di stomaco ferrarista è la speranza. Quella speranza cieca che, non ce ne vogliano i piani alti, solo nella fede si può trovare. Se ci credete, recuperate qualche santino, che sia San Brembo o San Carlo da Monaco, e si vedrà ritornare la Ferrari dove le compete: ad aggiungere anche gli altri sei colori iridati al suo rosso.