Essere e tempo. La gara della vita.

Essere e tempo. La gara della vita.

10 Marzo 2023 0 Di Arianna Rossi

Il Bahrain di Charles Leclerc.

Attenzione: quanto segue anche se ispirato a fatti realmente accaduti è puro frutto della fantasia.

“Non sembri un pilota”. 5 parole per incidere una ferita nello stomaco da cui ancora lacrima sangue.

Questo mi è stato detto. Appena entrato in quella stanza. Un momento per sedermi non mi è stato concesso. Un attimo per trovare un appiglio a cui aggrapparmi, un piano su cui tenermi, un modo per salvarmi. Non mi è stato concesso.

“Non sembri più un pilota”. Tutto è diventato sfocato in un istante. Come se quelle 5 parole da bisturi si fossero trasformate nell’anestetico per addormentare il mio cervello. Iter inverso di un’operazione, in sala operatoria per aggiustare il mio corpo, per conservare la mia vita, per distruggere la mia natura. Prima feriscono, poi addormentano.

Cammino il pavimento…forse è lui che percorre me perché io non mi sono mosso.

Il Bahrain di Charles Leclerc.

Non so per quale motivo mi è tornato alla mente quel giorno. Un ricordo lontano tornato proprio adesso. Seduto in questa nuova ma vecchia macchina non ho neanche voglia di partire, non ho neanche voglia di cominciare.

La Ferrari, la mia Ferrari, quella che ho sognato di guidare sin da bambino non mi riconosce più. Io non mi riconosco più dentro di lei.

Fa caldo. L’umidità del deserto del Bahrein si fa sentire così come l’imponenza del motore che mi avvolge.

Accarezzo il volante. Corriamo. Di nuovo. Insieme.

30 secondi alla partenza. Il cuore procede fortissimo eppure riesco a percepire ogni singolo battito. L’adrenalina riempie il mio corpo lentamente.

Addormentato inizia a svegliarsi.

Pietrificato comincia a muoversi.

Morto si appresta a vivere.

1.Respiro.

2.Chiudo gli occhi.

3.Stringo il volante.

4.Guardo davanti a me.

5.Immobile.

I semafori si spengono. Via. Schiaccio il piede sull’acceleratore.

La Red Bull davanti a me è come ferma, riesco a passare all’esterno senza problemi. E’ quella di Sergio, so bene che Max sarà molto più difficile da superare. La gomma nuova risponde bene, la macchina si fa guidare.

Max non lo vedo già più, non so se riuscirò a raggiungerlo prima della fine, per ora voglio solo correre.

Sono trascorsi pochi giri eppure sento già il fiato di Sergio sul collo. E’ dietro di me. Il toro ha visto rosso. Sta per travolgermi.

“Non sembri un pilota”.

Non adesso accidenti. Max è a 6 secondi di distacco dopo 10 giri ma posso ancora tenere una Red Bull dietro di me.

Continuo la mia gara. Non devo distrarmi. Perez non ha ancora attaccato. Aspetta che rientri ai box, intanto la gomma si sta degradando.

14 di 57. Box ora. Mi piace questo momento, per circa un paio di secondi riesco ad essere umano, riesco a separarmi dal pilota dentro la gara e ad essere l’uomo fuori dalla gara.

Il Bahrain di Charles Leclerc.

Ma è solo un attimo.

22 di 57. Sento la vettura fuori dal mio controllo. Sto soffrendo. Mi informano della velocità di Checo. E’ incollato alle mie spalle. Sta arrivando.

Perché questa macchina non risponde? Non riesco a resistere al suo attacco.

Il Bahrain di Charles Leclerc.

Sono sempre più lento.

Non devo mollare adesso, posso ancora salire sul podio.

“Non sembri un pilota”.

Secondo pit stop.

“Non sembri un pilota”.

Carlos è dietro di me.

Sono sempre più lento.

Cosa succede? Le mie orecchie percepiscono l’affievolirsi devastante del motore. Improvvisamente si spegne. Improvvisamente muore.

“Non sembri un pilota.”

Non è possibile.

Ritiro alla prima gara. Faccio fatica a crederlo.

No power“. Lo sussurro piano come se gridarlo troppo forte potesse interrompere l’imminente ripartenza di cui mi sono illuso.

“Non sembri un pilota”. Le orecchie sanguinano per quelle parole. Mentre attraverso solo il deserto le mani sanguinano per il contrario dimostrato. Il tendine del braccio fa male. Lo accarezzo. E’ rigido. Dolore.

Il Bahrain di Charles Leclerc.

Mi allontano da un auto che non sento mia, come se l’avessi guidata per la prima volta.

Alzo lo sguardo in alto ma abbasso subito il capo mortificato dalla vergogna. Sotto quel cielo un anno prima avevo vinto. Sotto quel cielo un anno prima avevo creduto di potercela fare.

All’ora ero un pilota.

Guardo le mie mani avvolte dai guanti. Sotto di essi le sento consumate.

E adesso?

Sono un pilota.

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