Il Dio dello spettacolo e la sua fame di sacrifici

Il Dio dello spettacolo e la sua fame di sacrifici

13 Dicembre 2021 0 Di Alberto Ghioni

Dopo la gara di Domenica è impossibile non pensare come molte scelte prese nelle ultime settimana tendano tutte in modo sospetto verso lo spettacolo, e non verso il motorsport.

Al tempo degli antichi greci, prima di ogni viaggio era uso fare un sacrificio agli Dei, per fare in modo che fossero benevoli nei confronti dei partenti. Non importava chi fosse la vittima del caso: animale o umano, uomo o donna, in salute o malato, chi veniva scelto non poteva sottrarsi alla sorte (se non aiutato dagli Dei stessi).

Negli anni questa usanza è andata fortunatamente scemando, senza lasciare troppi strascichi nella cultura moderna. Se parliamo, però, da un punto di vista ideologico, questo finale di mondiale ha tutte le sembianze di un sacrificio.

Dall’arrivo di Liberty Media, azienda statunitense, la Formula 1 ha incominciato a prendere una preoccupante deriva che sembra portarla sempre più ad assomigliare al wrestling. Non soffermiamoci però solo a ciò che è successo Domenica pomeriggio e facciamo qualche passo indietro.

La gara di Jeddah

Dopo Jeddah, gara non senza discussioni, i due leader mondiali si trovano a pari punti con una gara ancora da disputare. Grande gioia alla corte statunitense: neanche nei migliori film si sarebbe potuto ottenere un finale del genere.

In realtà ci sarebbe ancora un nodo da sciogliere: Verstappen ha rallentato pericolosamente, facendosi tamponare da Lewis Hamilton. Per le circostanze in cui è avvenuto, l’episodio sembra essere alquanto serio e potrebbe portare anche ad una penalità abbastanza grave. I commissari, per evitare una decisione scomoda a gara in corso, decidono di posticipare il tutto al post-gara.

Come detto prima, il risultato così com’è significa che la lotta mondiale si deciderà all’ultima gara e ciò a chi incassa i soldi non dispiace. Infatti, la decisione presa è fatta su misura: 10 secondi di penalità per l’olandese, un nulla rispetto ai 20 di vantaggio che aveva accumulato dal terzo posto, e mondiale salvo. Negli Emirati e in Colorado molte bottiglie di Champagne vengono stappate, il Dio spettacolo è sazio.

Il non plus-ultra dello show

Sin dallo sbarco ad Abu Dhabi, nell’aria sembra aleggiare una domanda, che nessuno ha il coraggio di trascrivere su carta: e se arrivassero appaiati all’ultimo giro? Già in questa situazione di punteggio tutte le prime pagine sportive sono monopolizzate dalla lotta Hamilton-Verstappen, ma si potrebbe andare oltre: si potrebbe raggiungere il non plus-ultra dello show.

Dopo 22 gare e 9 mesi di lotta, un solo giro per decidere questa lotta mondiale, dove a vincere, magari, sarà colui che ha tagliato il traguardo il giro prima in seconda posizione. Neanche nei più reconditi sogni di Chase Carey ciò sarebbe potuto succedere, almeno fino al 52esimo giro.

In una lotta che a molti potrebbe sembrare inutile, Latifi si trova alle spalle di Mick Schumacher e di conseguenza nella sua aria sporca. Alla terzultima curva una piccola sbavatura lo porta ad impattare contro le barriere e a ritirarsi dalla gara. La posizione dell’incidente e l’olio sparso in pista non può che far uscire la Safety Car.

Quest’incidente potrebbe essere una letterale manna dal cielo per Liberty Media: i due leader si riavvicinerebbero e una gara abbastanza (usando un eufemismo) noiosa potrà essere ravvivata. Almeno in teoria…

Dal baratro all’olimpo in mezzo giro

Immediatamente un piccolo spettro si manifesta negli uffici della Formula 1: e se si finisse sotto Safety Car? Mancano 5 giri, i danni sono troppi, le procedure da rispettare anche. Il finale più logico (e più regolare, in tutta onestà) sembra essere proprio questo, ma così non può finire ed è qui che entra in gioco la direzione gara.

Le opzioni percorribili sarebbero due: sperare che il tutto si risolva in poco contro pronostico, oppure esporre una bandiera rossa. Quest’ultima però rischia di essere esagerata e rivelare il sacrificio che si sta effettuando all’altare del Dio spettacolo. Si deve sperare che il tutto sia pulito in poco tempo.

I commissari di pista sono anche veloci, e a 2 giri dalla fine si potrebbe anche ripartire, se non fosse per le famose procedure inderogabili… almeno fino ad oggi. I doppiati non avrebbero l’obbligo di sdoppiarsi, e così in primo luogo ordina Michael Masi; ma così facendo tra i due leader del mondiale ci sono almeno 5 macchine. Bisogna fare in modo che si spostino.

La decisione deve essere presa in fretta, le macchine ormai hanno già passato il primo settore e far passare tutte le vetture doppiate potrebbe impiegare troppo tempo. Masi, però, viene illuminato sulla via di Damasco: si sdoppieranno solo le 5 macchine che in questo momento sono tra i due leader. La cosa in sé non sarebbe così eretica, è già stato fatto in precedenza, ma a Michael sfugge un piccolo comma.

Un piccolo ma grande errore

Tra la ripartenza e il passaggio delle macchine doppiate deve almeno passare un giro, ma in realtà appena iniziano le prime operazioni di sdoppiaggio a fine secondo settore la safety car spegne le luci. Si arriverà all’ultimo giro appaiati, il mondiale sarà deciso all’ultima curva: il sacrificio è stato fatto, il Dio spettacolo è sazio.

I vertici della Formula 1 si danno pacche sulle spalle: il bilancio è salvo. Lo spettatore occasionale, la vera audience a cui ormai si punta, ha avuto la sua razione abbondante di spettacolo e non può che esserne contento.

La verità è che questa decisione rischia di lasciare alcune ombre non indifferenti sul primo mondiale del 24enne olandese. Innanzitutto, perché gli appassionati non potranno non ricordarsi di questa decisione presa in modo così ambiguo e, inoltre, per la quantità di avvocati che verranno interpellati nei prossimi mesi.

Il mondiale non è finito qui, la pista ha parlato, ma la carta bollata ancora no: ma tanto al Dio spettacolo questo non importa.

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