Jochen Rindt, storia di un Campione postumo.
6 Gennaio 2021“Se vuoi vincere vai alla Lotus, se vuoi sopravvivere rimani alla Brabham”
Bernie Ecclestone a Jochen Rindt

Nei vari decenni, la Formula 1 ha visto il susseguirsi di tantissimi Campioni. Uno dei più sfortunati, l’Austriaco Jochen Rindt, fu l’unico nella storia della F1 ad essere insignito del titolo post mortem. Nativo di Mainz, perse i genitori durante i bombardamenti degli Alleati e, dopo la guerra, venne adottato dai nonni a Graz, in Austria. Sviluppò una certa passione per i motori sin da giovane e, dopo aver venduto l’azienda lasciatagli dal padre in eredità, iniziò a correre. Corse con una Giulietta TI nel campionato Turismo, dopo aver iniziato con una Simca nelle competizioni Rallystiche. Nel 1963 debuttò in Formula 2, dove ebbe numeri mostruosi in fatto di Pole Position e Vittorie sino alla sua tragica fine. Dopo aver dimostrato la sua velocità, dal 65′ al 67′, corse in F1 con la Cooper, riuscendo addirittura a piazzarsi terzo nella classifica Mondiale.
Queste ottime prestazioni gli valsero la chiamata della Brabbham, per la stagione del 68′. Fu un’annata molto sfortunata e magra di soddisfazioni. Colse solamente due terzi posti, a Kyalami e al Nurburgring, mentre collezionò ben dieci ritiri. La colpa della stagione disastrosa, ovviamente, non fu sua, ma era data dalla scarsa competitività del mezzo meccanico a disposizione. La svolta arrivò l’anno dopo, con la chiamata di Colin Chapman. Il mago dei progettisti Inglese, aveva infatti deciso di puntare sul pilota Austriaco ed ebbe ragione, a discapito dei giornalisti che definivano Rindt “senza testa”. Alla Lotus trovò come compagno di squadra, il leggendario Graham Hill.

Questa fu una stagione di transizione, che lo vide cogliere comunque dei buoni risultati e una quarta posizione finale in Campionato. Conquistò la sua prima vittoria assoluta in F1, alla penultima Gara, a Watkins Glen. Dopo aver siglato il giro più veloce in qualifica, dominò la corsa, rifilando un distacco di quasi cinquanta secondi a Courage e due giri a Surtees. Ebbe anche un terribile incidente dal quale ne uscì relativamente illeso, in Spagna. Dopo aver conquistato la Pole Position, andò a sbattere contro il guardrail e si ruppe la Mascella. Per il 1970 divenne il pilota di punta della Lotus e grazie alla sua classe immensa, vinse cinque Gran Premi, di cui quattro consecutivi. Arrivò così, a Monza, saldamente al comando della Classifica ma, durante le qualifiche, ebbe un terribile incidente alla Parabolica e perse la vita.
Le cause dell’incidente, a distanza di 49 anni, sono ancora ignote. Molti hanno affermato che si sia trattato di un’errore del pilota, altri hanno invece dato la colpa ad un problema meccanico. Jochen andò a sbattere con violenza contro il guardrail, infilandosi sotto. Presentava delle fratture esposte alle gambe ed aveva delle evidenti fratture all’altezza dello Sterno. Ebbe un’arresto cardiaco al momento dell’impatto e, dopo un tentativo di rianimazione, spirò nell’ambulanza che lo stava portando in Ospedale. Lo sgomento fu tanto, sia tra il pubblico che tra gli stessi piloti. Il caso volle che ai Box ci fosse la fidanzata di Jochen, la quale dovette essere soccorsa per lo shock. Al GP di Watkins Glen, la vittoria di Emerson Fittipaldi, impedì a Jacky Ickx di balzare in testa, facendo si che Jochen Rindt fosse il primo e unico vincitore postumo del Titolo.

La perdita del Campione Austriaco destò grande scalpore, aizzando moltissime polemiche sull’integrità delle vetture di Colin Chapman. La dinamica dell’impatto fu molto sfortunata, è vero, ma i giornali del Tempo si soffermarono soprattutto sulla scarsa sicurezza di vettura e pista. La maggior parte degli “addetti ai lavori” diedero infatti la colpa al progettista Inglese, che con la sua spasmodica ricerca della velocità, rendeva più leggere le sue monoposto. Fatalità o no, la scomparsa di Rindt lasciò un grandissimo vuoto nel cuore degli appassionati che, ancora oggi, lo ricordano come uno dei migliori piloti di tutti i tempi.
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