Minardi – Una favola tutta italiana
18 Gennaio 2021Dalle origini fino alla cessione a Red Bull, storia di una scuderia dal cuore Tricolore
Per poter ricostruire la storia della scuderia faentina bisogna fare un grande tuffo nel passato, più precisamente nel 1927, quando nel comune emiliano fu aperta la più grande concessionaria FIAT, gestita da Giovanni Minardi. È proprio in questa officina che, nel corso degli anni ’50, venne completamente autoprodotta la prima vettura da competizione, incluso il motore e il telaio: si tratta della GM-75, una biposto con motore 6 cilindri da 750 cc.

La tradizione motoristica di Giovanni Minardi venne ereditata anche dal figlio, Gian Carlo Minardi, che dopo una piccola parentesi come pilota, assunse il controllo della Scuderia del Passatore, un piccolo team che gareggiava nelle formule minori; grazie alla guida di “Minardi Jr”, nel 1972 e nel 1973, Giancarlo Martini si laureò vicecampione del mondo con la scuderia faentina nel campionato di Formula Italia. il saltò di qualità avvenne nel 1975, quando la Scuderia del Passatore si iscrisse al campionato di Formula 2 con il nome di Scuderia Everest. Per ben 4 anni i faentini comprarono da terzi le vetture con le quale partecipare al mondiale, prima dalla March e dopo dalla Rossa; soltanto nel 1979 Gian Carlo Minardi diventò costruttore e fondò la Scuderia Minardi, con la quale seguirono 4 stagioni brillanti in Formula 2.

Per il debutto nella massima serie bisognò aspettare il 1985. In realtà, già nel 1984 era pronta una vettura da Formula 1 che faceva ben sperare per il team faentino (M184), grazie al propulsore 8 cilindri turbo fornito dall’Alfa Romeo, con il quale Alessandro Nannini riuscì ad ottenere risultati interessanti durante i test. La scuderia pensava addirittura di schierare l’auto nelle ultime gare del campionato; tuttavia, la rottura dei rapporti con il Biscione decretò la sospensione della fornitura dei motori e, dunque, lo slittamento del debutto al 1985, avvenuto grazie ai propulsori Cosworth.
Minardi, dunque, con un budget ridotto, con una sola vettura, con un manipolo di tredici uomini ed un solo ingegnere, ma con molta forza di volontà, si iscrive al campionato di Formula 1 del 1985 e lo disputa in maniera dignitosa, sfiorando addirittura la zona punti (che, all’epoca, equivaleva alla sesta posizione). Un risultato non da poco per un piccolo garagista alle prime armi con una scuderia da Formula 1. A partire dalla quarta gara del 1985, fino al 1987, Minardi ricevette fornitura da Motori Italiani, un binomio Tricolore che, però, ottenne più ritiri che soddisfazioni (ben 61 ritiri per entrambe le vetture in 43 Gran Premi disputati).

Il ritorno ai motori Cosworth fece ben sperare per la piccola scuderia di Faenza, che nel biennio 1988/1989 conquistò i primi punti iridati che gli valsero rispettivamente la decima e l’undicesima posizione in campionato, ma soprattutto garantirono una discreta stabilità economica grazie alla permanenza degli sponsor. Le aspettative, però, furono deluse nei due anni successivi: due annate avare di gioie che portarono Minardi ad interrompere nuovamente la fornitura Cosworth e ad iniziare una nuova relazione con Ferrari, complice la forte amicizia che legava il Drake (da poco scomparso) e il faentino. Il matrimonio italiano, visto come una svolta, si rivelò fallimentare per una serie di complicanze. Anzitutto, i V12 Ferrari, costati ben 11 miliardi di Lire, erano progettati per un cambio semi-automatico che la Minardi non disponeva; ciò comportò una serie di ritiri per problemi alla frizione. Inoltre, la scuderia di Maranello aveva trasformato la Minardi in un vero e proprio junior-team, privandola dello sponsor più importante (Pioneer) che Minardi riteneva fondamentale per lo sviluppo del telaio. Alla fine della stagione 1991, Minardi e Ferrari interruppero la collaborazione e la scuderia faentina si trovò con un passivo di 8 miliardi di Lire.

La successiva motorizzazione con Lamborghini per la sola annata 1992 non fece altro che peggiorare la situazione economica della scuderia: nel 1993 Minardi fu costretto a ripiegare sui motori Ford della stagione precedente e Gustav Brunner, ingegnere della scuderia, dovette costruire una vettura scarna e priva di innovazioni tecnologiche, come le sospensioni attive montate dalla concorrenza. Ciononostante, quella che doveva rivelarsi un’annata fallimentare, fu paradossalmente la migliore in assoluto della scuderia faentina, che giunse ottava in campionato e per un breve tratto della stagione fu addirittura davanti la Rossa di Maranello. Dal punto di vista economico, la fusione con Scuderia Italia e lo stanziamento di 30 miliardi di Lire consentì alla Minardi di risanare i debiti e di progettare una vettura più competitiva per la stagione 1994, che però fu penalizzata dal propulsore Ford poco performante.

Questa boccata d’aria durò ben poco, in quanto nel 1997, dopo due anni di incertezze e di difficoltà economiche analoghe al 1993, Minardi fu costretto a cedere l’85% delle quote a Flavio Briatore e Gabriele Rumi, pur rimanendo proprietario dell’omonima scuderia. Nonostante i fondi stanziati dai due acquirenti (ben 35 miliardi di Lire), la nuova vettura si rivelò ben poco competitiva, incapace di cogliere risultati utili. Il 1998 rappresenta un anno di transizione, in quanto la scuderia preferì sviluppare poco la vettura concentrandosi per il 1999. Tale stagione sarebbe dovuta essere la svolta per il piccolo team di Faenza, tuttavia si concluse con un solo piazzamento a punti da parte di Marc Gené (dopo 3 anni di buio) e con l’uscita dal progetto di Briatore, che preferì concentrarsi solo sul progetto Benetton.

Il 2000 riserva ben poche gioie alla scuderia di Faenza: oltre a non conquistare alcun punto in campionato, per la terza volta dal 1985 Minardi si trova in serie difficoltà economiche ed è costretto a vendere nuovamente parte della scuderia all’australiano Paul Stoddart. Quest’ultimo, agli inizi del Millennio, promise di portare gli emiliani tra i vertici di Formula 1 nel giro di un quinquennio; ma, al netto dell’esperienza, i risultati furono oltremodo deludenti, in quanto i faentini riuscirono a raccogliere solamente qualche piazzamento a punti.

Al termine del lustro, la scuderia di Faenza, a causa delle difficoltà economiche in cui gravava, fu costretta a cedere la squadra alla Red Bull, che la ribattezzò in Toro Rosso (ora AlphaTauri per motivi di sponsorizzazione) e la trasformò in un junior-team da affiancare alla “sorella maggiore”, la Red Bull Racing. Con i fondi stanziati dalla compagnia austriaca e con il talento dei giovani piloti Red Bull, il team satellite dal cuore Tricolore è riuscito a collezionare ben 2 vittorie: la prima a Monza nel 2008, grazie ad un giovane Sebastian Vettel che dominò la gara sul bagnato;

la seconda, sempre in territorio italiano, da Pierre Gasly, durante il Gran Premio d’Italia 2020, dopo un’intensa battaglia agli ultimi giri con Carlos Sainz, a bordo di una più competitiva McLaren.

[…] Newey è il passato” ha detto Christijan Albers, ex pilota di Minardi, Midland e Spyker, ai microfoni dell’emittente olandese Formule […]