Piste su piste e….stress su stress

3 Settembre 2021 0 Di

La Formula Uno, negli ultimi anni, ha visto un costante aumento dei circuiti su cui disputare le gare in calendario, con un conseguente aumento di stress per piloti, Team e tutto il Circus, anche sul fronte dei costi.

Ma è veramente necessaria l’introduzione di tanti circuiti? I piloti se la sentono veramente di affrontare tutte queste trasferte in pochi mesi? Lo spettacolo ci guadagna o no? Si riescono a sostenere tutti questi costi? Vediamo come si è evoluta questa situazione negli anni.

Le automobili più veloci del pianeta, hanno cominciato a gareggiare sui circuiti di tutto il mondo nel 1950, quando le gare in calendario erano soltanto 6, e tali sono rimaste fino alla fine degli anni ’50, con al massimo 10 gare disputate nel 1958, su circuiti entrati nella leggenda e nel mito dell’automobilismo mondiale, come Spa, Monza e Montecarlo.

Nel decennio successivo, le gare oscillavano in un numero compreso tra 8 e 12 gare , quest’ultime disputate nel 1968, un anno significativo e di grandi cambiamenti nella storia della Formula Uno. Infatti, le monoposto, iniziarono a diventare letteralmente delle pubblicità su ruote, con aziende di qualsivoglia tipologia di prodotti (sigarette, preservativi, occhiali, drink alcolici ecc), che volevano rendersi visbili, soprattutto a livello mondiale, per incrementare le vendite (come scordarsi ad esempio della mitica livrea Gold and Leaf o della John Player Special della Lotus?).

Tutto ciò serve a fare capire che lo sfruttamento in termini positivi del Circus, per le aziende dei vari prodotti, legato ad altri fattori, non è così malvagio, se legato ad altri fattori; attenzione però, non è sempre positivo, come vedremo più avanti.

Andando avanti nel tempo, piano piano, un certo Bernie Ecclestone divenne poi patron del Circus, e fece capire a tutti, soprattutto ai Team, che la categoria delle automobili più rapide del pianeta doveva espandersi e facendo così, a partire dal 1976, ad esempio sulla R.A.I, venne trasmesso il primo GP della storia in televisione. Percorrendo questa strada, si diede grande visbilità a tutto il Circus, sfruttando quindi il potere mediatico della televisione.

I Gran Premi, negli anni ’70 arrivarono ad un massimo di 17 gare, con l’entrata di altri circuiti storici, come Zeltweg, in Austria e Fuji, in Giappone; idem gli anni ’80 e ’90, che rimasero anch’essi costanti a livello di circuiti, con nel frattempo anche l’entrata di altre gare rimaste impresse agli appassionati, come Suzuka, Kyalami in Sud Africa e Adelaide in Australia.

La situazione rimase abbastanza statica fino al 2004, con il primo GP nel deserto e anche il primo degli Emirati Arabi: il GP del Bahrain, una gara che, nonostante tatti scetticismi, nel tempo, ha regalato gare abbastanza belle.

Tutto rimase nuovamente stagno fino al 2016, quando le gare diventarono addirittura oltre venti, con ben 21 gare, con un crescendo, partendo dalle 21 del 2016, fino alle 23 dell’anno corrente, con l’obiettivo di arrivare a 25-26, se non addirittura 30 da oggi al 2030.

Questo crescendo di piste per stagione, non fa bene per tanti motivi, soprattutto ai piloti, che hanno bisogno di staccare la mente, di essere lucidi e ponderati in ciò che fanno.

Non dimentichiamo infatti che guidano vetture da 340 km/h, se non di più e ogni errore, dovuto alla stanchezza e alla poca lucidità mentale, può costare uno o più errori gravi, se non cari. Tutto ciò è anche una questione di stress fisico e mentale per tutte le Scuderie.

Riducendo le gare, oltrettutto, si darebbe modo a tutti i componenti umani di esse, si possano prendere una pausa tra un GP e l’altro, oltre che dare il tempo materiale di poter introdurre vari aggiornamenti sulle monoposto, perchè quest’ultimi, vanno capiti e studiati, poi prodotti e infine applicati.

I piloti e tutti i membri delle Scuderie sono umani e non invincibili, sono come noi e a volte, denunciato proprio da loro stessi in varie interviste, molti si annoiano su determinati circuiti, perchè non mette in risalto le loro qualità di guida e il loro talento; questo annoiamento può essere dato magari proprio dal poco stacco e riposo mentale, nel mezzo delle gare.

Questo aumento repentino di gare da disputarsi in una singola stagione comporta aumenti anche di costi, soprattutto con l’introduzione del Budget Cap, rigorsamente da rispettare per Liberty Media, ma soprattutto per le Scuderie.

È vero si che la Formula Uno vuole toccare tutti i continenti, ed è giusto che sia così; sarebbe più corretto però non farlo obbligatoriamente in una singola stagione, ma piuttosto a rotazione, scegliendo gare attraenti, che piacciano anche al pubblico, per non annoiarlo.

Quante volte si sente ‘‘Eh ma la Formula Uno è noiosa rispetto al passato?”; in effetti, come dare torto a questa frase e a questo pensiero? Alcune gare risultano essere noiose, altre invece intrattengono maggiormente il pubblico, come è stato nel caso di Baku, che ha sempre regalato gare al limite della pazzia e del divertimento.

Un circuito è interessante ed appassionante anche nell’ambiente e nell’ambientazione in cui è inserito. Ciò fa gola agli appassionati, che sono maggiormente invogliati a guardare le gare, e ai piloti stessi, che si divertono di più e svolgono il loro lavoro con più voglia.

Per fare un esempio, il GP di Jeddah, in Arabia Saudita, introdotto quest’anno può sembrare un circuito buttato lì, in mezzo al nulla; cosa potrà mai portare di buono? È possibile che sia foriero di qualcosa di interessante, ma al momento sembra altamente difficile. Porterà introiti solo ai ricchi del posto e basta, mentre lo spettacolo non ne gioverà di certo.

Ci sarebbero tanti circuiti ancora da rispolverare, come ad esempio Watkins Glen, Magny-Cours, il nuovo GP del Nurburgring, Brands Hatch ecc; il problema però è adattarli alle nuove normative di sicurezza, argomento che sono riusciti a trattare e a superare ad esempio per il GP d’Olanda, a Zandvoort, che torna in calendario dopo ben 36 anni (fortunatamente, essendo un circuito stupendo).

Un altro possibile problema, si può trovare nella riduzione del gusto dell’attesa per le sfide tra piloti, con anche una diminuzione dell’eccitazione, dell’emozione e dell’ebrezza, tra un GP e l’altro.

Ciò da cui si è distratta molto, negli ultimi tempi, la Formula Uno è la qualità, puntando perfino troppo sulla quantità volendo quasi far credere che sia la migliore soluzione. Così non è, purtroppo, e prima o poi anche i fan più accaniti potrebbero iniziarlo a capire, e c’è un famoso detto, che calza a pennello per la situazione: il troppo stroppia.

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