GP dell’Arabia Saudita: the show must (not) go on.
28 Febbraio 2021Ad Ad-Diriyah negli scorsi giorni si sono tenuti i primi due round del mondiale di Formula E e si sono rivelati essere già molto molto controversi. La domanda sorge quindi spontanea, con la Formula 1 che gareggerà in dicembre nello stesso paese, ha senso tutto ciò?
“The show must go on“, diceva un famoso brano dei Queen, e questa filosofia sembra essere stata adottata anche dai vertici della FIA. Ieri è andato infatti in scena uno dei gran premi più controversi mai corsi sotto il placito della federazione. Andiamo però con ordine.
Il protocollo covid
Più si va avanti e più ho il sospetto che questo argomento sia il più classico degli esempi dell’elefante nella stanza, termine usato quando si tende ad ignorare un problema che così tanto piccolo non è. E nonostante un protocollo per i team e per i piloti che risulta essere molto rigido, le immagini sulla griglia di partenza non si possono di certo definire come uno spot per il distanziamento sociale.

A parte il classico siparietto degli sceicchi in fronte, ben distanziati e con mascherina, dietro si può osservare una situazione al limite di Rio, durante il carnevale. Sono anche molte le immagini di VIP all’interno della folla, che posano in foto davanti alle macchine senza mascherine né, tantomeno, il minimo distanziamento sociale.
Il contesto Geopolitico
La cosa più importante da considerare è però la situazione dal punto di vista geopolitico, che di certo si può definire tutto tranne che tranquilla. Come potete osservare nella foto qua sopra, la persona in prima fila è Bin Salman, principe ereditario del Regno dell’Arabia Saudita, figlio dell‘attuale re Salman Bin (che fantasia eh?). Tutto normale, se non che il nostro caro Bin (il cui nome comunque non revoca bei ricordi) è stato appena accusato dal neo-presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, di aver richiesto in prima persona il rapimento del giornalista Jamal Khashoggi. La storia aveva destato grande scandalo a livello globale, ma non starò qua a spiegarvela, per evitare che questo articolo diventi troppo pesante.

Un finale (quasi) col botto
Se pensate che io mi riferisca allo spettacolo pirotecnico andato in scena durante la cerimonia del podio, vi state sbagliando. Poco dopo la fine del Gran Premio la coalizione araba ha annunciato di aver distrutto dei missili, provenienti direttamente dallo Yemen, che erano diretti verso la capitale Riyad e la vicina Diriyah.
In questo caso benedetta sia la contraerea dello stato saudita, ma siamo sicuri che il rischio valga la candela? Nelle scorse ore ho provato solo minimamente ad immaginare cosa sarebbe successo se la difesa non fosse andata a buon fine, ed ogni volta rabbrividisco.
E la Formula 1?
A dicembre il circus della categoria più importante nel motorsport, almeno a livello di prestazioni, arriverà nello stato del Medio Oriente nella città di Jeddah, che è sì distante dalla capitale, ma che comunque tanto tranquilla non può stare. E allora la domanda più normale che ad un qualsiasi appassionato sorge è: è veramente necessario andare a correre in quella che per molti è considerata una polveriera, a cui basta una minima scintilla per esplodere?

Tralasciando un attimo l’argomento diritti dell’uomo (di cui abbiamo già parlato in un altro articolo), ha veramente senso mettere a rischio le vite degli addetti ai lavori e dei piloti? Si ritorna sempre al discorso dei soldi, in fin dei conti: la federazione ha capito quanti soldi i ricchi sceicchi avrebbero portato nelle casse della categoria, non lasciandosi sfuggire l’occasione.
Non sarebbe però l’ora di tornare ad avere un minimo di decenza, senza mettere sempre davanti il vile denaro? O comunque cercare ogni tanto di mettere l’interesse dei tifosi prima di tutto?
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