Michele Alboreto – L’ultimo Italiano che vinse al galoppo del Cavallino.
25 Aprile 2021Campione in pista e nella vita. Persona dall’animo buono e gentile. A vent’anni dalla scomparsa, andiamo a celebrare colui che portò passione e velocità dentro il cuore degli appassionati Italiani.
A Michele dobbiamo un Mondiale.
Enzo Ferrari
Ci sono due parole; una è sogno, mentre l’altra è Mondiale. Questi due sostantivi, se accomunati, sprigionano un’aura assolutamente esplosiva. Bene, quell’aura ha preso vita, andando ad “impossessarsi” di un giovane ragazzo. Alto, magro, capelli neri e un po’ ricci. Il suo nome è Michele Alboreto. Lui, fino alla tarda adolescenza, quelle parole non le conosceva. Era destinato ad un futuro totalmente diverso. La sua carriera da perito industriale stava ormai spiccando il volo, fin quando i motori non gli ronzarono accanto.
Nel 76′, motociclette e macchine portarono un sussulto nella sua esistenza. Lui, di quei mezzi se ne innamorò alla follia, lasciando da parte il lavoro in azienda e tuffandosi tra cilindri e candele. Le vetture gli avevano ormai rapito il cuore. Dopo aver mosso i primi passi nelle categorie minori Italiane, Michele fece il proprio debutto in Formula 3 Europea. Grazie al suo talento conquistò il titolo nel 1980, nonostante guidasse una vettura poco performante. Cesare Fiorio, all’epoca dirigente in Lancia, decise di metterlo sotto contratto.
A quel punto, Alboreto capì che quella era veramente la strada da seguire. Tra corse in monoposto e prototipi, il nativo di Milano si fece apprezzare da molti “addetti ai lavori”. Nel 1981, grazie ai risultati positivi, Michele fece suo un posto in Tyrrell. Il patron Ken, ammaliato dal talento dell’Italiano, decise di farlo debuttare in Formula 1. La scuderia non era in grado di fornirgli una vettura vincente, ma Alboreto riuscì comunque a stupire tutti. Grazie alle proprie abilità, in tre anni conquistò due vittorie. La prima a Las Vegas, nell’82’, mentre la seconda la ottenne la stagione successiva, sul circuito di Detroit.
Galoppa Michele, galoppa su quel cavallino rampante!

Nel 1983, le voci su un suo possibile addio alla Tyrrell si fecero sempre più insistenti. Dopo il successo di Detroit, Enzo Ferrari in persona lo contattò, offrendogli un contratto. Lui, da gentiluomo qual era rifiutò, rispettando l’accordo con il patron Inglese. Le sirene della Rossa, non suonarono solo una volta. Il Drake continuò a fargli una corte “spietata”, facendo intendere di volerlo in Ferrari a tutti i costi. A quel punto, il “ragazzo di Rozzano” non poté rifiutare. A fine campionato salutò colui che lo portò al debutto in Formula 1.
Per l’84’, Michele si tinse finalmente di Rosso. Dopo molti anni, l’accoppiata pilota Italiano e vettura Italiana si ricompose. I tifosi del Bel Paese, alla notizia dell’accordo tra Alboreto e Ferrari, andarono in visibilio. A quel punto, il sogno Mondiale era fattibile. A Maranello erano sicuri: il titolo poteva ritornare nelle loro mani. La vettura non era male, anzi. Il problema furono le McLaren, che con Lauda e Prost si dimostrarono impossibili da battere. Michele non si diede per vinto, tirando fuori tutto il suo spirito da combattente. Riuscì a conquistare quattro podi, tra cui una vittoria a Zolder. I molteplici ritiri non gli consentirono di lottare per qualcosa di più concreto, relegandolo in quarta posizione nel Mondiale.
Nel 1985, il Mondo intero capì veramente di che pasta era fatto Michele Alboreto. Tra prove, giri e aggiustamenti, da Maranello uscì una vettura velocissima. Michele ne era consapevole. Forse, l’occasione stavolta era quella giusta. Nelle prime dieci gare, l’Italiano conquistò otto podi e due vittorie. Grazie a questi risultati, a sei gare dalla fine, Alboreto comandava la classifica. Nessuno, dico nessuno, avrebbe mai immaginato ciò che sarebbe capitato. Il cavallino, da rampante e invincibile si trasformò a zoppo e ferito.
Alboreto vuol dire tenacia, velocità e gentilezza.

Quella stagione, da bella e indimenticabile, si trasformò in un incubo. A Maranello decisero di sostituire le turbine KKK con quelle Garrett. Secondo il Drake, l’azienda Tedesca era diventata poco affidabile. La ragione era molto semplice: essi fornivano le turbine anche alla McLaren, diretta concorrente per il titolo. Il “vecchio” non volle sentire alcuna ragione, per cui il dado fu tratto. Mai decisione fu più sbagliata. Dopo il quarto posto dell’Olanda, il tracollo non poté essere fermato. Davanti al pubblico di Monza, Alboreto si classificò tredicesimo.
La parola fine al sogno Mondiale arrivò nelle ultime quattro gare, dove Michele collezionò solamente ritiri. Quel secondo posto in Classifica Iridata fu il miglior risultato della sua carriera. Le ultime tre annate in Ferrari si rivelarono ancor più amare. Le vetture che si susseguirono non ebbero grandi qualità velocistiche e neppure di affidabilità. La tenacia di Alboreto fu ripagata da qualche podio, ma mai da altri successi. Nonostante ciò, grazie al suo carattere cristallino e gentile, conquistò per sempre un posto nel cuore dei tifosi del Cavallino.
La sua ultima stagione in Rosso coincise con la scomparsa di Enzo Ferrari, quasi come fosse un segno del destino. Colui che lo aveva voluto a tutti i costi, non c’era più. All’interno della scuderia le cose stavano ormai cambiando. Michele, dall’animo buono, non voleva alcun tipo di conflitto. Il suo tempo al galoppo del Cavallino Rampante era ormai finito. Dopo gli ultimi anni nel paddock, a bordo di vetture “inguardabili”, decise di dedicarsi alla guida dei prototipi. Il “maledetto” test del Lausitzring lo portò via dalla vita, ma non dai cuori degli appassionati. A distanza di vent’anni da quel 25 Aprile 2001, Michele Alboreto è ancora tra noi, con il suo spirito vincente.
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Appassionato della Formula 1 dei bei tempi.
Sempre al passo del Mondo d'oggi.
[…] tutta la F1, sarà ribattezzata “Curva Alboreto”, in onore dell’ex pilota Ferrari Michele Alboreto, la cui carriera nel motorsport lo ha visto conquistare tre vittorie con la Ferrari tra il 1984 ed […]