Hamilton e Senna: quando il silenzio vale più di mille parole

Record, vittorie, personalità imponente e attività benefiche extra pista. Fino a un paio di mesi fa, Hamilton e Senna erano accomunati da tutto ciò. Dopo il GP di Abu Dhabi si è aggiunto anche il silenzio.

Così come Senna, anche il Britannico della Mercedes ha scelto l’assenza di comunicazione. Suzuka ’89 come Abu Dhabi 2021, due ingiustizie troppo grandi per essere assimilate in poche settimane.

Il silenzio è pace, meditazione. Esso è in realtà ambiguo, dotato di doppio significato. Da una parte abbiamo la calma, dall’altra l’assordante rumore. D’altronde, se ti chiami Ayrton Senna o Lewis Hamilton, tacere significherà parlare, insinuare dubbi tra la mente degli appassionati.

Scenari diversi ma vicenda identica. Due scontri decisivi per la lotta al Mondiale, ecco quello che accomuna Hamilton e Senna. Abu Dhabi per il primo e Suzuka per il secondo. Regolamento stravolto, quasi usato a proprio piacimento. Jean Marie Balestre per Ayrton e Michael Masi per Lewis.

Scena del crimine, ultimi giri. Entrambi involati verso la vittoria, uno per riaprire il Campionato e l’altro per conquistarlo. Questo è un racconto quasi da film, da giallo sportivo. Una storia che unisce ancor di più due Leggende. Silenzio roboante, quasi minaccioso. Cielo cupo con tempesta in arrivo. Fulmini e tuoni.

Dopo mesi di letargo Ayrton decise di schiarirlo quel cielo, scongiurando una volta per tutte la minaccia del ritiro. Fortunatamente, quel fragoroso silenzio aveva funzionato: Balestre sconfitto e Prost via dalla McLaren.

Hamilton come Senna. Stessi ideali, stesso silenzio. Nessuna dichiarazione, vuoto assoluto. Semplice meditazione interiore o segnale alla Federazione? Tempo al tempo, ma l’implicito è la verità.

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