Le soluzioni aerodinamiche più strane della Formula 1 – parte 1
2 Febbraio 2021“L’aerodinamica è per quelle persone che non sanno costruire un motore“
Enzo Ferrari
Oggigiorno, una frase del genere farebbe raggelare il sangue a migliaia di piloti ed ingegneri. Tuttavia, nel momento in cui fu pronunciata – quando Paul Frère, in riferimento alla Ferrari 250 TR, chiese al modenese il motivo di un parabrezza così imponente – la realtà non era tanto diversa da quella descritta nella citazione: è l’epoca delle “vetture a sigaretta“, prive di appendici aerodinamiche, in cui l’unica maniera conosciuta per migliorare le prestazioni della monoposto è l’aumento dei cavalli del motore. Dalla celebre affermazione del Drake fino ad oggi sono passati più di 60 anni e, com’è giusto che sia, i tempi sono cambiati: oggi l’aerodinamica è uno dei fattori cruciali per un’auto di Formula 1 e il suo studio è di necessaria importanza per sviluppare una monoposto competitiva.

Alettone posteriore
Senz’ombra di dubbio, la soluzione aerodinamica più innovativa in oltre 70 anni di storia della Formula 1 è stata l’introduzione dell’alettone posteriore. Trattasi di un profilo alare rovesciato in cui la zona di alta pressione si trova sopra la zona di bassa pressione. Dal momento che la pressione è definita come

ne consegue che l’alta pressione genera sulla superficie dell’alettone una forza normale (perpendicolare) e diretta verso il basso. Tale forza, detta appunto down force, “schiaccia” la macchina sull’asfalto, migliorandone l’aderenza e la guidabilità.
Nel corso degli anni gli ingegneri hanno proposto diverse soluzioni: alcune efficienti ed esteticamente belle, altre invece bocciate per via della loro pericolosità; l’obiettivo comune in tutti i prototipi era ed è tutt’ora quello di trovare il giusto compromesso tra il coefficente di portanza (Cz) e il coefficente di resistenza (Cx).

La prima vettura dotata di un profilo alare posteriore fu la Ferrari 312 F1 del 1968, che vinse il Gran Premio di Francia dello stesso anno; successivamente, seguirono a ruota tutti gli altri costruttori, consci dei vantaggi e delle potenzialità di questa innovazione. A partire dalla fine degli anni ’60, in Formula 1, è un continuo fiorire di alettoni dalle forme più strane e collocati in svariati punti della vettura.





Altri costruttori, invece, preferirono concentrarsi in zone più alte della vettura, in cui i flussi d’aria sono meno perturbati e, dunque, l’ala ha una maggiore efficienza.



Com’è facilmente intuibile, queste soluzioni così drastiche furono ben presto bandite. Oltre ad essere esteticamente brutte, gli alettoni rialzati erano anche pericolosi poiché dotati di un telaio debole e facilmente frangibile a causa del carico aerodinamico generato alle alte velocità. Per tale motivazione, già a partire dal 1969, gli alettoni furono sottoposti ad una dura regolamentazione in parte tutt’ora valida. Oggi, l’unica ala deportante consentita – quella posteriore – dev’essere fissa (eccezion fatta per il sistema DRS) e ad una determinata altezza dal suolo.

Ala anteriore
Parallelamente agli alettoni, nei primi anni ’70 in Formula 1 vengono sdoganati e perfezionati i flap anteriori, introdotti con lo scopo di bilanciare la deportanza posteriore e, dunque, di rendere più maneggevole la vettura. Anche in questo caso è possibile notare un percorso evolutivo non indifferente, partendo dai primi modelli fino a quelli odierni, dotati di baffi, paratie ed altri elementi per convogliare i flussi d’aria in particolari zone della monoposto, senza dimenticare le soluzioni più estreme e memorabili che hanno segnato indelebilmente questa trasformazione.








Siamo giunti al termine di questa prima parte della trilogia dedicata alle soluzioni aerodinamiche più strane della Formula 1. Per proseguire la lettura cliccare su uno dei link seguenti:
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