Carburanti sintetici nel dettaglio: parola a Pat Symonds
25 Marzo 2023Pat Symonds, Direttore Tecnico della Formula 1, ha analizzato i progressi e gli ostacoli che si celano dietro l’ambizioso progetto dei carburanti sintetici.
Ogni gara che oggi seguiamo, viviamo e commentiamo è un piccolo passo verso il 2026, data entro la quale tutte le monoposto di Formula 1 verranno alimentate da benzina sostenibile al 100%. Un addio ai carburanti fossili preannunciato da diverso tempo e che ha trovato concreta applicazione già a partire dalla scorsa stagione, quando i motori endotermici del Circus hanno cominciato ad “assaporare” benzina tagliata al 10% con etanolo.
Le compagnie petrolifere della Formula 1
Allo stato attuale, il gruppo di compagnie petrolifere che segue le 20 automobili più prestigiose al mondo è piuttosto variegato. ExxonMobil, compagine statunitense, rifornisce sia Red Bull che AlphaTauri, mentre Alpine utilizza carburanti sintetizzati dalla British Petroleum. Tutte le vetture motorizzate Ferrari sono alimentare da carburante Shell, mentre per quanto concerne le scuderie con Power Unit Mercedes i fornitori sono addirittura tre: Petronas per Mercedes e McLaren, Petrobras per Williams ed Aramco per Aston Martin.

Il colosso saudita è anche unico fornitore di carburante per i campionati di Formula 2 e Formula 3, le cui vetture quest’anno sono alimentate da carburante sostenibile al 55%. L’intenione è quella di sfruttare le due categorie propedeutiche come banco di prova per testare e sviluppare le nuove benzine che alimenteranno la Formula 1 del futuro, come ha confessato Pat Symonds ai microfoni di RaceFans.net alla vigilia del GP del Bahrain.
Questione di idrogeno e carbonio
Pat Symonds, in qualità di Direttore Tecnico della Formula 1, ha spiegato la tecnologia che consentirà alle monoposto di utilizzare benzina sostenibile. L’idea di partenza è gli attuali carburanti vengano sostituiti da miscele a base di idrocarburi la cui origine deve essere completamente sostenibile e a basso impatto ambientale. Carbonio ed idrogeno, base di tali idrocarburi, verranno combinati fino a formare in maniera artificiale le molecole che, invece, oggi ricaviamo da fonti fossili.
Ma come ottenere questi due atomi di fondamentale importanza? “L’idrogeno ed il carbonio sono alla base di tutto. Ora, da dove si ottiene l’idrogeno è ragionevolmente ovvio: tramite l’elettrolisi dell’acqua. Tutti sanno che il composto chimico dell’acqua è H₂O. Il nostro obiettivo è separare le molecole di ossigeno da quelle di idrogeno e un metodo ben noto per farlo è per mezzo dell’elettricità. Quindi, se l’elettricità proviene da fonti rinnovabili, saremo in grado di produrre idrogeno ‘verde‘ per i combustibili“.
“La sintesi del carbonio invece è molto più interessante. La natura è bravissima a togliere l’anidride carbonica dall’aria, a scindere il carbonio – usato per la crescita delle piante o di qualsiasi altra cosa – e a rilasciare l’ossigeno nell’aria. Dobbiamo in qualche modo ricreare questo processo, e possiamo farlo tramite le piante e le alghe. Ma resta comunque una cosa piuttosto difficile da applicare su larga scala. Quando parliamo di cambiamento climatico e di CO₂ nell’aria, crediamo che 400 ppm (parti per milione) siano un’enorme quantità. Volendolo però esprimere in un altro modo, stiamo parlando di valori prossimi allo 0,04%. Se l’obiettivo è estrarre quel carbonio dall’aria, si ha davvero a che fare con quantità molto, molto piccole“.
Direct Air Capture
Una risposta concreta a tali esigenze potrebbe arrivare dalla Direct Air Capture, la tecnologia su cui la Formula 1 sembrerebbe voler fondare il suo futuro ad impatto zero. Sebbene di difficile applicazione su scala industriale, nonché i costi attualmente da capogiro, la cattura diretta dell’aria è un processo immediato rispetto le altre tecniche di cattura del carbonio, come le alghe e gli organismi vegetali in generale, che richiedono tempi biologici non indifferenti.

La DAC gode anche dell’approvazione di Ahmad Al-Khowaiter, ingegnere chimico e Direttore Tecnico Aramco. L’interesse nel perseguire tale obiettivo è forte e il fronte offerto dalle due parti è compatto. “Qualche mese fa abbiamo annunciato un grande progetto per assorbire nove milioni di tonnellate all’anno di CO₂. Sarà ativo entro il 2027 e la sua sfida più grande sarà catturare quel carbonio direttamente dall’aria. Oggi la tecnologia è ancora immatura e costosa, ma stiamo investendo molto in tal senso“.
“Costosa“, ma quanto? Il prezzo di un barile di carburante sintetico corrisponde a circa 2/3 volte il prezzo di un barile di greggio (200-300 dollari rispetto gli attuali 75 del petrolio Brent). Gran parte del prezzo dipende dalle tecniche di cattura dell’anidride carbonica dall’aria, dal momento che l’elettrolisi è un processo semplice ed è relativamente facile implementarlo su larga scala. Ma Al-Khowaiter assicura che la tecnologia ha ampio margine di miglioramento, dunque vale la pena investire a riguardo. “Ci sono diversi progetti in Canada, Islanda e Svizzera, ma anche molte tecnologie in fase di sviluppo. I costi stanno diminuendo drasticamente e continueranno a farlo, come abbiamo visto nell’eolico e nel solare. Questa tecnologia, una volta implementata, ha una notevole curva di apprendimento. Ci aspettiamo quindi che tali costi si riducano a valori molto più ragionevoli e pratici“.
EROI e sfruttamento del suolo, altri nodi al pettine
Un altro nodo al pettine verso la larga diffusione dei carburanti sintetici è la loro scarsa efficienza dal punto di vista energetico. Pat Symonds ne è consapevole, ma ammette che le energie rinnovabili potranno consentire di accorciare i tempi necessari per raggiungere l’obiettivo. “Tutto gira attorno all’EROI [Energy Return On Investment, ritorno energetico sull’investimento] del processo. Al momento immettiamo più energia di quanta ne riusciamo ad ottenere. Ci aspettiamo di ottenere circa 43 megajoule di energia da un chilogrammo di carburante, ma ne usiamo 240 o qualcosa del genere per produrlo. Ma se questa energia proviene da fonti rinnovabili allora abbiamo già compiuto un importante passo verso la risoluzione del problema. Tutto si basa sull’energia rinnovabile, come tutto ciò che ha a che fare con la riduzione del carbonio nell’atmosfera. Questo è assolutamente fondamentale per il nostro futuro“.
Allo stesso modo, l’ingegnere inglese ha osservato che la sintetizzazione del carburante non deve sovrapporsi con la produzione alimentare, altro punto debole della nostra società. “Il carburante sintetico deve essere prodotto da una combinazione di fonti biologiche non alimentari, come i rifiuti urbani o la cattura del carbonio. In generale è da considerarsi lecito qualsiasi modo per ricavare il carbonio e l’idrogeno senza sfruttare il suolo. Il nostro piccolo slogan è che ‘puoi ricavare questo carburante dalle bucce di patate, ma non dalle patate’. Non dobbiamo competere con le piantagioni agricole e con le fonti di cibo“.
Una nuova regolamentazione
Nelle fasi finali dell’intervista, Pat Symonds ha poi evidenziato che bisognerà necessariamente prestare maggiore attenzione ai regolamenti, per evitare che l’introduzione dei nuovi carburanti sintetici distrugga lo spettacolo in pista. “Questa su cui stiamo lavorando è una tecnologia nuova. Ci sono molti modi diversi di produrre i carburanti e nessuno è ancora sicuro di quale sia esattamente il modo migliore. Stiamo scrivendo le regole con molta attenzione per promuovere la concorrenza ed evitare che tutto si trasformi in una lotta a chi sintetizza il miglior carburante. Uno degli aspetti di interesse è la regolazione della quantità di carburante che entra nel motore. Al momento puoi far fluire 100 chilogrammi di carburante nel motore in un’ora. Dal 2026 si potrà far fluire carburante nel motore per un equivalente di 3.000 megajoule, che è circa tre quarti del contenuto energetico attuale. Ovviamente la ragione di ciò è che aumenteremo il contributo dell’ibrido e avremo molta più potenza elettrica sulle auto“.
