La sicurezza in Formula 1 – Le barriere

La sicurezza in Formula 1 – Le barriere

13 Gennaio 2021 2 Di Ivan Mancini

A quasi 71 anni di distanza dalla prima corsa, ripercorriamo l’evoluzione dei sistemi di sicurezza in Formula 1

In quasi 71 anni di storia la Formula 1 ha fatto passi da gigante in tema sicurezza, sospinta dal vento dell’innovazione e, purtroppo, dalle tragiche esperienze che ci hanno privato di numerosi piloti. L’obiettivo è quello di conoscere e prevedere tutti i pericoli che si celano dietro il mondo delle corse, al fine di limitare e rendere prossimi allo zero gli incidenti mortali. Al giorno d’oggi gli apparati che garantiscono la sicurezza delle monoposto – e dunque la vita dei piloti – sono molteplici.

Le barriere hanno un ruolo importante nei circuiti poiché consentono di frenare la corsa delle macchine uscite fuori pista. Questo, però, non è il loro unico compito, in quanto devono salvaguardare il pilota assorbendo l’urto ed evitare forti decelerazioni che potrebbero causare lesioni interne. Agli albori della Formula 1, nei lontani anni ’50, le barriere erano realizzate con balle di fieno: un metodo pericoloso e poco efficace sia per la sua scarsa capacità di assorbire gli urti, sia per l’elevata infiammabilità del materiale. È il caso di Lorenzo Bandini che, durante il Gran Premio di Monaco 1967, perse il controllo della sua Ferrari e rimase coinvolto in un incendio, alimentato dalla benzina e dalle balle di fieno circostanti.

Gran Premio di Monaco 1967: l’ultima chicane di Lorenzo Bandini

Gran Premio del Belgio 1982: Gilles Villeneuve urta la recinzione metallica

Le balle di fieno, dunque, vennero presto sostituite dalle recinzioni metalliche, un metodo economico e abbastanza pratico rimasto in uso fino agli anni ’80. Le recinzioni, deformandosi, erano in grado di assorbire efficacemente un’enorme quantità di energia cinetica arrestando la macchina in sicurezza; ma, con il passare degli anni, anche questo metodo si rivelò pericoloso, a causa del progressivo aumento prestazionale delle vetture e per via del forte impatto che poteva coinvolgere anche i piloti, oltre che le monoposto. Tristemente noto è il tragico incidente di Gilles Villeneuve, nel Gran Premio del Belgio 1982, quando il pilota canadese urtò con la nuca un palo della recizione, provocando una grave lesione del tronco encefalitico.

Tra gli anni ’80 e ’90 vi fu un notevole progresso sul fronte della sicurezza, grazie allo studio degli urti e l’elaborazione di nuove soluzioni. Tra le prime ipotesi vi fu l’introduzione dei muri, efficaci negli impatti perpendicolari ma allo stesso tempo pericolosi in caso di incidenti ad alte velocità: l’ipotesi, pertanto, fu ben presto scartata e i muri non vennero mai introdotti. Al loro posto vennero promossi i guardrail, tutt’oggi utilizzatati nei circuiti di Formula 1, che hanno una grande capacità di assorbire gli urti e che riescono a direzionare l’auto evitando il suo ritorno in pista. Ma anche i guardrail non sono privi di rischio, in quanto le lamiere che lo compongono, ad alta velocità, si trasformano in vere e proprie lame affilate che possono tranciare la carne: ricordiamo il triste destino di Helmuth Koinigg e Francois Cevert, nonché quello che sarebbe potuto essere l’incidente di Romain Grosjean se solo nel 2018 non fosse stato introdotto il sistema Halo.

Gran premio del Bahrain 2020: le lamiere del guardrail divelte dall’Halo e dalla cellula di sicurezza

Al giorno d’oggi il metodo più utilizzato nei circuiti , specialmente nelle curve o nei tratti ad alta velocità, sono le barriere di pneumatici: composte da tre o quattro file di vecchi pneumatici – oggi, a differenza di qualche decennio fa, legati insieme per evitare che si spostino annullando l’effetto ammortizzante – esse offrono un’elevata capacità di assorbire gli urti.

Gran Premio d’Inghilterra 1999: Schumacher va contro le barriere di pneumatici

L’ultima tecnologia introdotta nei circuiti sono le costosissime barriere Tecpro, composte da più unità assemblate tra di loro fino a formare una un’unica struttura capace di assorbire gli urti. Ciascun blocco, a sua volta, è formato da una schiuma a densità modulabile ed è rinforzato da un doppio strato di lamiere. Le barriere Tecpro sono in grado di assorbire efficacemente anche urti frontali ad una velocità di 200 km/h.

Gran Premio del Messico 2019: la monoposto di Bottas va contro le barriere Tecpro
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