La sicurezza in Formula 1 – Elementi delle monoposto

La sicurezza in Formula 1 – Elementi delle monoposto

15 Gennaio 2021 3 Di Ivan Mancini

Avrei preferito di gran lunga corre in F1 adesso che ai miei tempi: mi sarei tenuto le orecchie e avrei guadagnato molto di più!

Niki Lauda

In questo articolo andremo ad affrontare tutti i dispositivi di sicurezza che, nel corso degli anni, hanno consentito uno sviluppo sicuro delle monoposto. Clicca qui per leggere il precedente articolo della serie sulla sicurezza in F1 riguardante le barriere.

Partiamo dall’ultima grande rivoluzione imposta dalla FIA, il sistema Halo, che in diverse occasioni ha dimostrato la sua utilità smentendo tifosi e piloti “puritani” che non gradivano il suo impatto estetico sulle monoposto. L’Halo è una struttura protettiva formata da un corpo centrale dal quale partono due diramazioni che circondano il casco del pilota proprio come un’aureola (da qui, appunto, il nome “Halo”). In un primo momento l’Halo  era realizzato da un cuore d’acciaio rivestito di carbonio e pesava circa 7 kg, tuttavia i crash test dimostrarono più volte la sua scarsa resistenza agli impatti. Al giorno d’oggi, invece, l’Halo è formato interamente in titanio, ha un peso di 9 kg ed è in grado di reggere un carico di 10 tonnellate.

Dettaglio SF71H: Halo

In Formula 1, l’Halo è stato reso obbligatorio dalla FIA a partire dal 2018, sebbene in realtà  le cause che determinarono il suo ingresso sulle vetture risalgono a molti anni prima. Già nel 2012, durante il Gran Premio del Belgio, uno spaventosissimo incidente tra Grosjean e Alonso fece riflettere sul tema della sicurezza; ma la vera svolta si ha solo nel 2015 quando, dopo nove mesi di coma, il pilota francese Jules Bianchi spirò nell’ospedale di Nizza in seguito alle gravi lesioni riportate durante il Gran Premio del Giappone 2014.

Gran Premio del Giappone 2014: l’incidente di Jules Bianchi

A partire dal 2018, nonostante le prime controversie, l’Halo si è rivelato indispensabile in ben tre occasioni: le ultime due in Bahrain, negli incidenti che riguardarono Romain Grosjean e Lance Stroll, mentre la prima nel Gran Premio del Belgio 2018, dove l’Halo protesse la testa di Charles Leclerc dalla monoposto di Fernando Alonso.

Gran Premio del Bahrain 2020: l’Halo protegge la vita di Lance Stroll

Anche i telai delle monoposto hanno subito delle sostanziali modifiche. Dal 1988 è stato imposto che la pedaliera deve essere contenuta entro l’asse delle ruote anteriori, per evitare che, in caso di impatti frontali, le gambe vengano tranciate assieme alla monoposto. Inoltre, tutti i telai devono essere sottoposti anticipatamente a crash test i cui criteri sono diventati via via sempre più severi: ad esempio, l’ultima normativa impone che il muso incrementi di rigidità man mano che ci avviciniamo al centro dell’abitacolo, favorendo quindi punti di deformabilità lontani dal pilota.

Nella Tyrrell P34 la pedaliera si trova presso gli assi anteriori

Le vetture, inoltre, a partire dal 2001, sono dotati di due cavi di ritenzione per ruota, capaci di sopportare energia pari ad 8kJ ciascuno, in maniera tale che le ruote rimangano vincolate alla vettura in caso di rottura dei bracci delle sospensioni: il provvedimento è stato adottato dopo l’incidente in cui perse la vita il pilota di Formula 2 Henry Surtees, colpito alla testa da una ruota vagante.

Dettaglio posteriore: cavi di ritenzione

Un ruolo cardinale per la protezione dei piloti lo gioca la cellula di sopravvivenza, capolavoro di ingegneria, il cui compito è quello di irrobustire la struttura della monoposto garantendone l’indeformabilità. La cella di sopravvivenza ha dimensioni variabili in base alla stazza del pilota, tuttavia l’apertura che consente l’introduzione del pilota dev’essere della stessa dimensione per favorire l’uscita del pilota in caso di emergenza oppure le operazioni dei soccorsi.  Dentro questa “culla di carbonio” i piloti di Formula 1 possono subire incidenti che, in altri periodi storici, avrebbero avuto esito diverso.

Gran Premio di Australia 2016: la carambola di Fernando Alonso

Altra componente fondamentale sono i coni antintrusione, degli elementi standardizzati il cui compito è quello di proteggere il pilota dagli impatti laterali. Il loro sviluppo è partito in seguito allo spaventoso incidente di Robert Kubica nel Gran Premio di Canada 2007, ma la loro introduzione avvenne solo nel 2014, quando la FIA scelse, tra le varie soluzioni formulate dalle scuderie, quella proposta dalla Marussia e successivamente sviluppata da Red Bull.

Dettaglio laterale: coni antintrusione

Sempre per salvaguardare il pilota dagli impatti laterali, a partire dal 2007 la FIA ha imposto l’introduzione di pannelli di Zylon che proteggono da eventuali oggetti contundenti che penetrano la lamiera dell’abitacolo. Si tratta di piccole strutture, alte 2 cm, composte con lo stesso materiale di cui sono formati i giubbotti antiproiettile: ad oggi devono essere in grado di sopportare forze dai 15 ai 50 kN.

Dettaglio laterale: pannello di Zylon

Anche il sedile, seppure possa sembrare un elemento banale, è fondamentale per la sicurezza dei piloti. Esso, infatti, dispone di supporti laterali – due all’altezza delle spalle (A), due lungo tutto il busto (B) – in grado di attutire le forze G che si generano durante un violento impatto. È dunque importante che ciascun pilota possieda un sedile che si adatti perfettamente al proprio fisico, ed è per tale motivazione che i sedili vengono generati seguendo un calco del pilota.  Altra caratteristica importante del sedile è la presenza di due maniglie (C) che possano consentire l’estrazione del sedile con delle cinghie nel caso in cui il pilota rimanga intrappolato all’interno dell’abitacolo.

Sedile di formula 1 con elementi evidenziati

+ posts