Lewis Hamilton: il pilota che divenne uomo
28 Febbraio 2023“Ora sento solo me stesso, l’avversario e il combattimento alla fine spariranno, persino quel sentire sparirà e lascerà il posto a qualcosa di ancora più profondo dello stesso istinto. Ecco l’obiettivo”
7. Nella scienza dei numeri il 7 rappresenta il numero dell’iniziazione, il numero della rinascita, della solitudine e della completezza.
7. Il numero di mondiali vinti da una creatura la cui nascita come essere umano è avvenuta solo da qualche tempo, forse solo dopo il raggiungimento di quell’ultimo titolo mondiale nel 2020.
7. La cifra perfetta per rappresentare una persona che ha utilizzato le sue qualità migliori da pilota come strumenti per scoprirsi in quanto essere umano.
E quando nel barbarico mondo della Formula 1 un pilota riesce a far coesistere in se stesso istinto e anima, il risultato è qualcosa di molto più potente di tutto il resto. Più importante del titolo, più importante di un nome, qualcosa al di sopra della semplice ed immediata evidenza.
Il risultato è qualcosa anzi qualcuno impossibile da dimenticare. E quel qualcuno è Lewis Hamilton.

38 anni compiuti lo scorso gennaio, anagraficamente parlando Sir Lewis si appresta a correre quello che potrebbe essere l’ultimo campionato di Formula 1 della sua vita, complice anche un contratto in scadenza con casa Mercedes, una macchina non all’altezza dei suoi due piloti e un mondiale vinto ma strappato da una beffa sul traguardo, in una calda serata di Abu Dhabi.
Ma il 2023, l’anno presentatosi come l’atto finale per il pilota in realtà racchiude dentro di sé l’inizio per lo straordinario uomo che l’inglese è diventato proprio sulle piste da corsa.
Tra il nero dell’asfalto, le impronte delle gomme, le urla soffocate dal casco, il silenzio della delusione, la rabbia e il sudore, Lewis Hamilton da freddo e lucente robot impossibile da battere, si è trasformato in uomo fatto di carne, sangue ma soprattutto anima. E lo ha fatto compiendo il percorso che ognuno di noi è chiamato a compiere ma che pochi riescono a portare a termine, quello del viaggio dentro se stessi.
Era il 2007 quando un novellino mette piede sul palcoscenico della Formula 1. Giovane, sbarbatello, sicuro di sé e con una faccia da schiaffi, il classico bulletto di turno. Quanto di più lontano dalla realtà potesse esserci poiché quel ragazzo le umiliazioni per il colore della sua pelle le ha subite, mortificato sin da piccolo per la sua diversità. Quella diversità che più avanti sarebbe stata la sua forza, l’elemento da cui partire per la sua evoluzione.
Ma a quei tempi nessuno sapeva cosa sarebbe diventato Lewis Hamilton, nessuno immaginava cosa sarebbe stato Lewis Hamilton, per tutti era solo il giovane pilota dalla pelle scura venuto per dettare legge, il Saetta McQueen pronto a fare il fenomeno in mezzo ai grandi. Un nome sconosciuto tra nomi immortali.
E come volevasi dimostrare, il giovane Lewis non manca di mostrare di che pasta è fatto sin dall’inizio. Il primo titolo arriva nel 2008 e non a bordo di una macchina qualunque ma a bordo di una vettura che ha fatto la storia della Formula 1, la McLaren.

Un titolo che per altri è stato un obiettivo raggiunto per Lewis Hamilton è solo l’innesco per trasformarlo in un computer automatico il cui comando da seguire è uno solamente: VINCERE.
Vincere senza assaporare, vincere senza capire, vincere senza vivere. Questo, Lewis Hamilton lo ha fatto per altre 5 volte, non più a casa Woking ma su quella che sarebbe diventata lo scudo dietro cui combattere per il resto della sua carriera: la Mercedes.
La sua avanzata prosegue senza ostacoli e dentro il pilota qualcosa sta accadendo. La freddezza di Lewis si manifesta immediatamente già a partire dal suo aspetto, la testa rasata lascia posto alle treccine, i suoi occhi vengono quasi sempre nascosti dalle lenti scure degli occhiali da sole, il sorriso lascia per sempre la sua bocca…cammina a testa bassa per il paddock, non parla con nessuno. Semplicemente Lewis Hamilton non è più umano. Forse non lo è mai stato.
La prova più schiacciante? Il conflitto con il suo migliore amico proprio in casa Mercedes. La rivalità con Nico Rosberg, l’unica persona in grado di leggere le sfumature della personalità di Lewis, l’unico pilota in grado di prendersi cura delle sue debolezze. Ma in un mondo spietato come quello della Formula 1, quando il tuo migliore amico si trasforma nel tuo nemico peggiore, nell’avversario da battere, non c’è tempo per i sentimenti né per le emozioni umane e se Hamilton lo capisce immediatamente Nico non può far altro che seguire la scia del suo compagno di squadra.

Non sembra esserci speranza per il cuore di ghiaccio di Lewis Hamilton. Poi però qualcosa accade, arriva un pilota in grado di tirar fuori quell’umanità a tutti sconosciuta persino a Lewis stesso. Arriva un pilota a cui Lewis Hamilton non ha mai prestato molta attenzione, almeno non all’inizio eppure il suo talento è stato in grado di farsi notare da tutti. E questo pilota è Max Verstappen.
Un nome a cui il pilota Mercedes non ha prestato importanza fino a quando la sua Red Bull non ha incrociato la sua traiettoria ed ostacolato la sua corsa, un nome che oggi appartiene al pilota da battere sulle piste da guerra della Formula 1.
Max Verstappen, colui che ha risvegliato Lewis dall’automatismo delle vittorie senza contenuto, colui che si è palesato finalmente come il degno rivale di un campione, capace dopo 6 titoli mondiali di fargli assorbire quel settimo con ogni molecola del suo corpo. Perché è proprio da quel settimo titolo che Lewis Hamilton ha cominciato ad essere un uomo.
Indimenticabile la sua commozione in Turchia dopo che Toto Wolff gli comunica via radio che per la settima volta è campione del mondo. Una meravigliosa debolezza mai mostrata prima. In quell’istante, su quella pista dopo aver tagliato il traguardo, il pilota inglese realizza di aver battuto ogni limite ma soprattutto realizza di averlo fatto da essere umano. E quella macchina a cui lui è grato, quella macchina che lui abbraccia non è più lo scudo dietro cui combattere ma la casa dentro cui abitare, la dimora da proteggere.

Il 7. L’iniziazione di Lewis Hamilton.
Un’iniziazione che Sir Lewis ha cercato di capire e conoscere sulla pista, insieme a tutti quei tratti del suo essere fino ad allora rimasti inesplorati.
In quella battaglia fino all’ultimo giro del 2021, Lewis Hamilton ha di-mostrato di essere fallibile, ha manifestato la sua delicata imperfezione, in uno dei campionati che, anche se ha lasciato tutti con l’amaro in bocca, è stato uno dei più belli degli ultimi anni.
E lo è stato poiché quella volta, tra curve pericolose e sfreccianti rettilinei la gara non si è svolta tra un pilota e una “macchina” inarrivabile ma tra un pilota e un uomo formidabile e quell’uomo è sempre e solo Lewis Hamilton.