Stefan Johansson: in paradiso per un minuto
11 Dicembre 2022Può la vita di un pilota cambiare più volte forma nel corso di un solo GP? questa è la storia di Stefan Johansson: leggenda per un minuto
Stefan Johansson nasce a Växjö l’8 settembre del 1956.
Il padre Roland era un appassionato di auto, le riparava e nei fine settimana gareggiava a livello amatoriale.
Proprio grazie a questa passione, Stefan si avvicina al mondo dei motori e già all’età di 8 anni, inizia a guidare il Kart.
La sua carriera parte proprio dal campionato svedese di karting, dove nel 1973 si laurea campione scandinavo e giunge sesto nel campionato mondiale.
Nel 1978 il suo desiderio di proseguire la carriere nell’automobilismo, lo porta in Gran Bretagna, nella Formula 3, dove nel 1980 riesce a conquistare il campionato.
Lo stesso anno, grazie alla possibilità di portare alcuni importanti sponsor fra cui la “AGA AB”, azienda petrolifera svedese, la Shadow gli consente di partecipare alle prime due gare stagionali in Formula 1.
Tuttavia, l’esordio non è molto fortunato e in entrambe le occasioni, nonostante i costanti miglioramenti in prova, Johansson non riesce a qualificarsi, anche a causa di una vettura non esattamente competitiva né facile da guidare.
Dopo questa fugace apparizione, torna alla Formula 3 e nel 1982 l’esperienza maturata lo porta in Formula 2 con la Spirit Racing, con la quale ottiene come miglior risultato un terzo posto al Mugello e l’ottavo posto assoluto in campionato.

Il debutto in Formula 1
In seguito ai risultati sopracitati, la stessa Spirit Racing lo nomina collaudatore in Formula 1 nel 1983.
Debutta come pilota nel Gran Premio di Gran Bretagna dove purtroppo è costretto al ritiro.
Nella stessa stagione, partecipa ad altre cinque gare, ottenendo il suo miglior piazzamento stagionale al Gran Premio d’Olanda con il settimo posto.
Al termine della stagione, la Spirit, persa la fornitura dei motori Honda che decise di dirottare la sua fornitura alla Williams, Johansson non viene confermato.
Senza un sedile, lo svedese milita brevemente tra Formula Nippon e sportprototipo, fino a quando Ken Tyrrell lo contatta per sostituire l’infortunato Martin Brundle.
Con Tyrrell, Johansson corre quattro gare, ma il team viene squalificato a causa di irregolarità nella benzina, dove per rientrare nei limiti di peso, venivano aggiunti pallini di piombo.

Monza 1984: la svolta per Johansson
La svolta nella carriera di Stefan Johansson, avviene nel 1984, in occasione del Gran Premio d’Italia a Monza.
Il giovane asso brasiliano Ayrton Senna, reo di aver firmato con la Lotus per il 1985, reca offesa alla Toleman con la quale correva, a tal punto che la stessa scuderia, forse per ripicca, decide si sostituirlo per una gara.
Al suo posto, il team sceglie proprio Johansson, che malgrado una qualifica anonima in diciassettesima posizione, riesce a distinguersi in gara, sopperendo alle carenze della vettura.
Durante una rimonta forsennata, lo svedese riesce a portarsi in terza posizione a una manciata di giri dal termine, facendo assaporare alla Toleman uno storico podio doppione di quello ottenuto proprio da Senna a Monaco.
Purtroppo, a causa di uno strano scherzo del destino, la vettura di Johansson accusa un problema che lo costringe ai box.
Termina la gara in una comunque ottima quarta posizione, attirando su di sé gli sguardi attenti dei grandi della Formula 1: primo fra tutti Enzo Ferrari.

L’esperienza in Ferrari
Nonostante l’interesse del “Grande Vecchio”, nel 1985 la Ferrari ha già due piloti molto validi per tentare l’assalto al Mondiale: Michele Alboreto, beniamino dei tifosi, e René Arnoux.
Johansson corre quindi il primo Gran Premio della stagione, in Brasile, con un’opaca Tyrrell.
Al termine della gara sudamericana, tuttavia, per una serie di motivazioni mai realmente chiarite, René Arnoux, quarto al traguardo, abbandona la scuderia del Cavallino.
Il Drake, memore della prestazione di Johansson a Monza, non si fa pregare e ingaggia lo svedese.
In una storia dai contorni quasi fiabeschi, Stefan passa dal volante della Tyrrell, costantemente nelle retrovie, a quello della Ferrari, candidata al titolo.
Tuttavia, al Gran Premio del Portogallo, prima gara in rosso per Johansson, lo svedese fatica moltissimo sotto la pioggia, arrivando al traguardo solo ottavo, a ben cinque tornate dal compagno Alboreto arrivato secondo.
Nella gara successiva, a Imola, le cose non sembrano andare meglio e in qualifica non riesce a strappare un tempo migliore di quello valevole per la quindicesima piazza.
I tifosi della casa di Maranello iniziano a mormorare, a dubitare della scelta di Enzo Ferrari di contrattualizzare un pilota semi-sconosciuto, ad avanzare l’idea che l’Ingegnere, questa volta, abbia commesso un errore.

Imola 1985: il Gran Premio dei sogni
Il 5 maggio del 1985 si corre il Gran Premio di San Marino.
Gli spalti sono gremiti di rosso, sventolano bandiere tricolore e con il simbolo della Scuderia, i tifosi inneggiano al Cavallino.
Il circuito, intitolato ad Alfredo “Dino” Ferrari, per i tifosi del Bel Paese è quasi “terra sacra” e le aspettative sono altissime.
Dopo due secondi posti in Brasile e Portogallo, Michele Alboreto guida il campionato con 12 punti, con la speranza che finalmente, 32 anni dopo Alberto Ascari, un pilota italiano può davvero tornare a vincere un mondiale sulla Ferrari.
Sulla prima casella della griglia c’è la Lotus nera di Ayrton Senna, mentre al suo fianco si schiera la Williams di Keke Rosberg.
In terza posizione è pronto a scattare Elio De Angelis sull’altra Lotus, mentre in quarta piazza, finalmente, si vede una Ferrari: la numero 27, quella dell’idolo di casa Michele Alboreto.
Sesta e ottava, partono invece le due McLaren di Prost e del campione in carica Niki Lauda.
Ai tifosi quasi non sembra interessare dell’altra vettura del Cavallino Rampante, la numero 28 che è pronta a partire quindicesima: in fondo Johansson non ha fatto grandi cose fin qui e il pubblico è troppo impegnato a sostenere Alboreto.
I motori iniziano a cantare sempre più forte e i semafori si spengono.
Senna mantiene la testa della gara, seguito da De Angelis, Alboreto e Prost.
Il pilota della Ferrari con il caso gialloblù è una furia, dapprima fa innamorare i tifosi grazie ad una bellissima difesa su Prost, poi con un fantastico sorpasso, sopravanza De Angelis prendendosi il secondo posto.
Il pubblico è in visibilio e si gode la sfida tra Senna e il pilota milanese per ventidue giri, poi, come in un brutto sogno, la Rossa n.27 inizia a rallentare costringendo Alboreto al ritiro.

La pazza rimonta di Johansson
I tifosi sono delusi, ma nella foga del momento non si sono accorti che Johansson, sull’altra Ferrari, ha abbassato la visiera del suo casco bianco e nero e ha continuato a spingere sull’acceleratore fin da quando si sono spenti i semafori.
Nel giro di venti tornate, infatti, lo svedese è risalito dalla quindicesima alla sesta posizione e con il ritiro del compagno di squadra, occupa ora la quinta piazza.
In quel momento, il pubblico si accorge che le Rosse in pista erano due e il tifo è tutto per la n.28.
Il ritmo di Johansson è infuocato e lo svedese continua a recuperare secondi sulle vetture che lo precedono, fin quando a metà gara, raggiunge il duo composto da De Angelis e Lauda.
Senza troppi complimenti e con un sorpasso al fulmicotone, infila Lauda e per alcuni giri ingaggia uno spettacolare duello con la Lotus di De Angelis.
Il pilota romano si difende benissimo fin quando, al cinquantesimo giro, mentre affronta la “Villeneuve”, si trova davanti Piquet e Boutsen, doppiati ma in lotta fra loro.
Per evitare un disastro, De Angelis alza leggermente il piede dall’acceleratore e in quel momento la Ferrari, più reattiva nel valutare la situazione, scarta la Lotus prendendosi la terza posizione.

Il sogno si accende
Sulle tribune è un tripudio di applausi e grida festose, quello svedese di cui si era tanto dubitato, di cui si era messo in discussione il talento al punto di criticare la scelta del “Grande Vecchio”, è virtualmente sul podio.
Sotto gli occhi attoniti del pubblico, al quale probabilmente basterebbe così, Johansson continua a martellare giri veloci su giri veloci fin quando lo speaker annuncia che sta recuperando due secondi al giro su Prost.
Mancano solo undici giri, ma la n.28 è un missile e il pubblico inizia a sognare in grande.
Al giro 56, la Ferrari si porta negli scarichi della McLaren e la infila immediatamente, quasi fosse una vettura doppiata.
Basterebbe questo a descrivere la gioia, il sogno, che si vive sugli spalti, e anche un “mostro” come Senna, che comanda la gara dall’inizio, non è molto distante dalla Rossa.
Quell’alone di magia che sembra aleggiare sopra al casco bianco nero di Johansson, sembra voler regalare nuovamente un’occasione allo svedese, e come un anno primo, alla Toleman, a farne le spese è Ayrton Senna.
A tre giri dalla fine, mentre affronta la “Rivazza”, il ruggito del motore Renault equipaggiato sulla Lotus del brasiliano, si fa sempre più debole fino ad ammutolirsi: Senna ha finito la benzina.
Contro ogni pronostico, Stefan Johansson è in testa al Gran Premio di San Marino.
Le bandiere sventolano a festa, il pubblico si lascia andare all’euforia di una vittoria della Ferrari sul suolo italiano, su quel circuito intitolato alla memoria del figlio prematuramente scomparso di Enzo Ferrari che, non curandosi del parere della gente, aveva voluto fortemente lo svedese a Maranello.
Ma come le fiabe insegnano, nemmeno la magia può durare per sempre, e come un fulmine a ciel sereno, scompare proprio nel momento meno propizio.

60 secondi: dal sogno all’incubo
La felicità, l’emozione, il sogno e l’incantesimo, durano solo un minuto: il tempo di andare dalla “Rivazza” alle “Acque Minerali”.
La Ferrari n.28 con al volante il pilota dal casco bianco e nero, inizia a rallentare vistosamente.
Sulle tribune le bandiere non sventolano più e i canti festosi lasciano ora spazio ad un silenzio irreale.
Nessuno ci può credere, primo fra tutti lo stesso Johansson che è costretto ad accostare e scendere dalla macchina: anche lui, come Senna, è senza benzina.
Nel sogno di rimonta, durante quei giri pazzeschi, ha smesso di controllare il computer di bordo, e dai box, forse anche loro ipnotizzati da quel ritmo furibondo, non gli hanno comunicato di rallentare, nonostante Prost, l’unico in grado di raggiungerlo, procedesse molto lentamente.
Vince proprio Prost, ma viene squalificato, così la vittoria passa a De Angelis che supera Alboreto in classifica mondiale.
L’esito incredibile della gara, dà però lustro allo svedese che continua a venire osannato dai suoi tifosi.
Qualcuno, sulle tribune, lo paragona addirittura a Gilles Villeneuve per via delle gesta compiute in gara.
Cosa avrà pensato Stefan Johansson durante quel minuto che l’ha visto in testa, dopo una gara pazzesca, al volante di una Ferrari a Imola? E cosa avrà pensato quando la sua vettura si è fermata distruggendo il suo sogno?
Il pilota scandinavo non vincerà mai un Gran Premio nella sua carriera, ma è lecito chiedersi come sarebbe stata la sua vita se quel 5 maggio del 1985 avesse tagliato per primo il traguardo di Imola.

Il finale di carriera
Lo svedese prosegue la sua carriera in Ferrari nel 1986 sulla poco competitiva F1-86, salvo poi passare nella stagione successiva alla McLaren.
Con entrambi i team ottiene diversi podi e secondi posti, ma l’arrivo di Senna in McLaren lo costringe a ripiegare sulla Ligier con risultati poco felici.
Dal 1989 al 1992, gareggia con le poco performanti Onyx e AGS, per poi trasferirsi nel campionato CART vincendo il “rookie of the year” e partecipando, lo stesso anno, alla 24h di Le Mans.
Si dedica a tempo pieno alle ruote coperte a partire dal 1997, anno in cui, in compagnia di quel Michele Alboreto e di un giovane Tom Kristensen che in futuro diventerà il pilota ad aver vinto il maggior numero di Le Mans, riesce a togliersi lo sfizio di vincere proprio la leggendaria corsa francese.
Prosegue la sua carriera con alti e bassi per poi ritirarsi definitivamente nel 2012.
Attualmente svolge vari impegni imprenditoriali fra cui il ruolo di manager di Scott Dixon.
